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Tizio e Caio sono proprietari di due unità immobiliari distinte ubicate nella medesima palazzina.
Lo stabile era originariamente in proprietà di una sola persona che aveva, poi, diviso il fondo donando le unità immobiliari ai propri figli.
Uno di questi, in seguito, ha venduto l'appartamento; da qui nascono i contrasti tra l'acquirente – nel nostro caso Tizio – e l'altro proprietario, ossia Caio.
I nomi sono di fantasia ma la vicenda è reale ad ha portato la Cassazione a pronunciarsi lo scorso 27 agosto (sent. n. 14657).
Oggetto del contendere: una servitù di passaggio per l'utilizzazione dell'impianto idrico comune.
Il codice civile è chiarissimo: ai sensi dell'art. 1027 la servitù prediale è il peso imposto sopra un fondo per l'utilità di un fondo appartenente ad altra persone.
È fondamentale che i fondi (comprendendo in questo termine anche i fondi urbani, ossia le unità immobiliari) appartengano a differenti proprietari: questa caratteristica è espressa dal brocardo latino nemini res sua servit.
Il principio soffre di alcune eccezioni: in tal senso è stato precisato che poiché i diritti reali di servitù attengono al godimento dei fondi dominante e servente, aumentando quello dell'uno e diminuendo quello dell'altro, il principio nemini res sua servit non opera quando il proprietario di due fondi ne abbia concesso uno in usufrutto, ben potendo egli costituire a favore di questo una servitù, gravante sul fondo conservato in piena proprietà (Cass. 3 luglio 1975 n. 2583).
Insomma la servitù è un diritto reale di godimento su cosa altrui: una di quelle poche fattispecie in grado di limitare il diritto di proprietà.
La servitù può essere coattiva, volontaria, costituita per usucapione o per destinazione del padre di famiglia.
Queste ultime due ipotesi hanno a che fare con il trascorrere del tempo o comunque con fattori estranei alla volontà dei proprietari dei fondi che hanno trovato un determinato stato dei luoghi.
Fondamentale per la configurazione di un diritto di servitù è la predialità dell'utilità (o utilitas).
Essa dev'essere riferita direttamente al fondo dominante e solamente di riflesso al suo proprietario.
Il concetto di utilitas, intesa come elemento costitutivo di una servitù prediale, non può avere riferimento ad elementi soggettivi ed estrinseci relativi all'attività personale svolta dal proprietario del fondo dominante, ma va correttamente ricondotto al solo fondamento obiettivo e reale dell'utilità stessa, sia dal lato attivo che da quello passivo, dovendo essa costituire un vantaggio diretto del fondo dominante come mezzo per la migliore utilizzazione di questo. (Nella specie, la S.C., enunciando il principio di diritto di cui in massima, ha confermato la sentenza del giudice di merito con la quale era stata esclusa la natura di servitù in relazione ad un passaggio sul fondo che si pretendeva servente esercitato da parte del proprietario del fondo finitimo al fine esclusivo di attingere acqua presso una fonte sita in altra località, di proprietà di terzi, e priva di qualsivoglia capacità irrigua o di destinazione all'approvvigionamento idrico del fondo predetto) (Cass. 22 ottobre 1997 n. 10370).
Questo, in sintesi, quello che la Cassazione, ormai da anni, ripete sulla nozione di utilità.
In questo contesto è intervenuta la Corte di legittimità con la sentenza citata in principio.
L'impianto idrico era da considerarsi bene comune alle due unità immobiliari: lo si è accertato nello stesso giudizio sulla base degli atti di divisione e di acquisto.
Esso, tuttavia, era ubicato in una cantina che, invece, era di proprietà di Caio, ergo: se Tizio vi voleva accedere, ad esempio per la manutenzione, come poteva fare?
Da qui, tra le varie domande poste al giudice adito da Tizio, quella di riconoscere in virtù della comproprietà dell'impianto una servitù di passaggio nei locali di Caio.
Domanda accolta in primo e secondo grado com'anche in Cassazione.
Respinte, quindi, le osservazioni di Caio secondo cui essendo il bene in condominio, la costituzione della servitù era da considerasi meramente eventuale dovendosi valutare se sussistesse una maggiore utilità che nei fatti non c'era.
Gli ermellini non hanno dato seguito a questa tesi specificando che l'oggetto della servitù non era il bene comune ma un'unità immobiliare di proprietà esclusiva.
Come dire: caro Caio, i tuoi locali ospitano l'impianto idrico comune e quindi devi tenerne conto e concedere al Tizio il diritto di passare per l'uso normale di quel bene.
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