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I vecchi fabbricati, ricadenti all'interno dei centri storici, sono oggetto di fenomeni di degrado dovuto: a cause naturali (periodo di costruzione), a processi insiti nella natura del materiale impiegato, come per le pietre, e da fattori esterni (smog, effetti climatici, ecc).
Per combattere questi fenomeni, solitamente, s'impiegano delle soluzioni tecnologiche di restauro, che non bloccano in toto il deterioramento dei manufatti edilizi, ma mantengono lo stato dell'opera in efficienza e in grado di superare, per quanto possibile, il trascorrere dei secoli.
Esiste una vasta categoria d'interventi edilizi, ciascuno con una propria caratteristica desunta da manuali specializzati, studi e ricerche eseguiti presso le Università o nei laboratori industriali, o tramite applicazioni dirette e quindi testati direttamente sui corpi d'opera.
Chiaramente non ci si può soffermare su ogni singolo sistema, ma semplicemente evidenziare alcune di queste soluzioni che pongono anche un dibattito sul tema della difesa della memoria storica e monumentale dei vecchi fabbricati.
In questa sezione ci si occupa del recupero delle parti decorative in pietra soggette a un avanzato stato di degrado.
Questi danni sono legati a fattori di varia natura come: la disgregazione (perdita di parti superficiali), l'esfoliazione (scomparsa di lamina di pietra), il distacco, ecc., ossia di fenomeni che determinano la totale perdita della consistenza e compattezza del materiale superficiale e quindi della conformazione e sagoma originaria degli elementi.
Se non è possibile ripristinare le caratteristiche di resistenza del materiale tramite l'applicazione di prodotti specifici, solitamente, o si lascia l'elemento nello stato in cui si trova, o si prevede la sua sostituzione.
Con la prima ipotesi, non si apporta nessuna variazione di natura estetica al corpo lapideo, lasciando tra l'altro immutato il segno storico del tempo trascorso mentre, con la seconda, si produce una parziale modifica dell'aspetto complessivo.
Quest'ultima soluzione si compone, in effetti, della sostituzione di tutto l'elemento ammalorato con un pezzo nuovo, lavorato su misura, e avente le medesime caratteristiche fisiche e cromatiche.
Nelle foto allegate sono evidenziati alcuni di questi interventi e l'effetto finale visibile, sia su una parasta esterna sia sull'imbotte esterna di un serramento.
Per eseguire queste lavorazioni, in genere, non s'impiegano attrezzature o metodi costruttivi specifici, ma delle modalità operative basate essenzialmente su alcuni concetti semplici e concreti.
Infatti, come si nota in qualche particolare delle foto allegate, al fine di non variare la tessitura della muratura a vista, è stata prevista la sostituzione del singolo pezzo secondo la sagoma e dimensione originaria.
Anche per lo spessore, trattandosi di muratura portante, solitamente, non si sostituisce l'elemento fino in profondità, interpretando l'intervento come un semplice rivestimento lapideo.
Più consistente, e quindi di maggiore impegno, sia dal punto di vista strutturale che operativo, è l'altro esempio che ha comportato la sostituzione di un intero architrave che, allo stato di fatto, presentava un'evidente lesione dovuta a cedimento strutturale.
Non è in questo spazio che ci si pone l'obiettivo di rendere comprensibile l'intervento dal punto di vista strutturale, ma semplicemente di individuare la tipologia del restauro che ha comportato l'inserimento di un nuovo elemento bifacciale e vuoto all'interno.
Il risultato finale, come si può giudicare da una delle foto, ha restituito l'architrave in tutta la sua armonia e interezza, e lasciando inalterata la lettura strutturale e funzionale dell'insieme.
In merito alle soluzioni su evidenziate, si possono aprire dibatti, circa l'interpretazione (storica e di restauro) della metodologia utilizzata, ma preme tuttavia porre l'accento su un sistema alternativo che, a parere di molti professionisti e maestranze del settore, si compone di un evidente effetto collaterale particolarmente dannoso.
L'intervento in questione prevede il ricoprimento, con malta cementizia, di tutte le cavità presenti fino alla completa saturazione e riconfigurazione della sagoma originaria dell'elemento ammalorato.
Per questi interventi, la differenza sostanziale tra i due materiali, provoca con il trascorrere del tempo il distacco del rivestimento superiore e il conseguente deterioramento della parte in pietra dovuta all'assenza di un'adeguata traspirabilità, negata dalle caratteristiche fisiche della patina di cemento.
Esempi del genere sono maggiormente visibili nei casi in cui si è provveduto senza l'ausilio di personale competente, e alla presenza di pietra di tipo calcareo e quindi molto porosa.
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