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Per chi ha in essere un mutuo a tasso variabile la situazione si fa sempre più grigia.
La BCE ha aumentato di ulteriori 50 centesimi il costo del denaro.
Ciò, oltre a rendere sempre più difficile e preoccupante la situazione di chi ha in corso un mutuo a tasso variabile, rischia di avere pesanti ripercussioni anche sul mercato immobiliare.
Lo scorso lunedì 6 marzo, l'Euribor, il parametro usato per indicizzare il costo dei mutui variabili, ha toccato il 2,92% (tasso trimestrale). Si è così allineato all'attuale valore del tasso BCE che, attualmente, è al 3%.
È facile dunque presagire che, tra la fine di marzo e la prima metà di aprile, aumenterà di 50 centesimi. Questo perché, da luglio 2022, momento in cui il tasso BCE ha abbandonato quota zero, l'Euribor ha replicato il suo andamento.
Ma cosa significa, in pratica, tutto questo sulle rate del mutuo?
Di fatto, un aumento dell'Euribor di 50 centesimi corrisponde, più o meno, a 40 euro al mese in piùper ogni 100.000 euro di capitale in prestito.
In molti, nei mesi scorsi, presi dal panico, hanno rinegoziato il muto a tasso variabile in uno a tasso fisso.
Non tutti però si sono mossi in tal senso. Vediamo allora come si prospetta il futuro prossimo per i mutui con tasso variabile.
Facendo un esempio pratico, prendiamo il caso di prestiti da 200.000 euro, a 20 e 30 anni, tutti stipulati sulla base di un tasso calcolato sulla media mensile dell'Euribor 3 mesi con spread all'1,30% (a 20 anni) e all'1,50% (a 30 anni).
Nel caso di prestito ventennale stipulato 10 anni fa, rispetto ad un rata iniziale di 899,00 euro, oggi, con debito residuo pari a 181.357 euro, la rata ammonta a 1.508,00 euro.
Nel caso invece di un mutuo a tasso variabile con durata di 30 anni, sottoscritto nel 2018, con attuale debito residuo di 188.400 euro, l'iniziale rata di 641,00 euro, sale oggi a 1.273,00. Praticamente il doppio!
L'entità degli aumenti dipende fondamentalmente da 2 fattori: la durata residua del mutuo e il tasso iniziale. In pratica, più è basso il tasso di partenza e più rate mancano da pagare, e maggiore è l'incremento della rata.
Ben difficile fare previsioni. Anzi, la situazione attuale non fa pensare a un cambio di rotta repentino.
Come già detto, lo scorso 6 marzo, l'Eurirs a 20 anni, ovvero il parametro ritenuto il benchmark per il calcolo dei mutui fissi, si è posizionato di poco al di sopra del 3%.
Tuttavia, questo indicatore ha una estrema volatilità, e questo non consente di fare previsioni attendibili.
Allo stato attuale delle cose, i mutui a tasso fisso e i mutui a tasso variabile vengono offerti, teoricamente, a condizioni del tutto simili.
Con grande probabilità, però, tra alcune settimane i tassi dei mutui variabili aumenteranno di nuovo, e senza fermare la loro corsa.
Christine Lagarde, ha infatti fatto chiaramente capire che, se l'inflazione di fondo non si raffredderà, la politica scelta dall'Istituto centrale si farà ancora più stringente e restrittiva.
In un contesto come quello attuale, è chiaro che per chi si appresta ad acquistare casa ricorrendo a un finanziamento, la scelta di un mutuo a tasso fisso pare la più ovvia e ragionevole, oltre che la più sicura.
Tuttavia, la scelta di un mutuo a tasso fisso potrebbe essere una buona idea solo teoricamente.
Come già detto, infatti, è ben difficile fare previsioni e, pertanto, nessuno può dire oggi con certezza per quanto tempo ancora il costo del denaro sarà alto e fino a quando durerà l'inflazione.
Prima o poi, però, l'inflazione tornerà al 2%, ovvero al livello ritenuto fisiologico dalla BCE. E sarà allora che i tassi cominceranno a scendere e chi ha stipulato un mutuo a tasso fisso procederà con la surroga.
Ben consapevoli di questo fatto che si concretizzerà in un futuro, più o meno prossimo che sia, le banche stanno applicando una stretta sulle concessioni dei mutui fissi, specie per quelli di durata ultra ventennale.
Gli Istituti di credito, infatti, non hanno alcun interesse a concedere oggi dei finanziamenti che, con una certezza quasi matematica, verranno poi surrogati.
Tornando ad oggi, vediamo quali soluzioni sono a disposizione di chi ha in essere un mutuo a tasso variabile e vuole uscire da questa situazione assai critica e che, mese dopo mese, si fa sempre più pesante.
La soluzione più ovvia da poter attuare, proposta tra l'altro anche da Christine Lagarde, è la rinegoziazione del mutuo con il proprio istituto di credito.
Con la propria banca, è infatti possibile modificare vari parametri quali: il tipo di tasso, la durata residua del mutuo e le modalità di ammortamento del capitale.
In teoria questa sarebbe la soluzione più semplice ma, dal canto loro, le banche non hanno alcun interesse ad aumentare la massa dei crediti in sofferenza.
Ad ogni modo, si potrebbe obbligare le banche a concedere il passaggio da tasso variabile a quello fisso a determinate condizioni, come: se si tratta di prima casa, se si ha un ISEE che non supera i 35.000 euro e se si è sempre stati puntuali nei pagamenti e non si è mai ritardato il pagamento neppure di una rata.
Comunque sia, ad oggi, il tasso fisso supera il 4%.
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