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In Umbria il Piano casa è un intervento normativo di tipo strutturale e permanente, inserito in un sistema oggi raccolto nel Testo Unico di cui alla Legge Regionale n. 1 del 21 gennaio 2015 intitrolato Testo unico governo del territorio e materie correlate.
Precisamente, le norme sul Piano Casa Umbria sono racchiuse nel Titolo III, Capo V; laddove il Capo V è dedicato all'ambito più amplio delle Norme per l'attuazione del PRG e per la riqualificazione ambientale, urbana ed edilizia.
Dato il carattere strutturale dell'intervento, esso non è a tempo; non è cioè applicato come un intervento eccezionale, la cui eccezionalità poi viene rinviata puntualmente alla scadenza.
Non sentiremo parlare di proroghe del Piano Umbria, insomma.
L'affermazione riguarda necessariamente il tempo successivo all'emanazione del Testo Unico: infatti, in precedenza anche il piano casa umbro contenuto nella L. R. n. 13 del 26 giugno 2009, almeno in parte, al pari della maggior parte delle altre legislazioni regionali, era stato varie volte prorogato.
Analizziamo dunque le norme di cui al Piano Casa Umbria, come sempre dal punto di vista degli edifici residenziali, di cui noi di lavorincasa ci occupiamo, tralasciando invece le norme relative agli interventi sugli edifici a destinazione produttiva e per i servizi (art. 78).
Le norme in questione sono racchiuse in pochi articoli: dal 75 al 79 del predetto Testo Unico; ad esse vanno aggiunte le norme attuative del Regolamento n. 2 del 18 febbraio 2015, cui rinvia in molti punti il T.U., intitolato Norme regolamentari attuative della legge regionale n. 1 del 21 gennaio 2015 (Testo unico Governo del territorio e materie correlate) e che nel presente articolo verrà indicato con l'abbreviazione Reg. Att.
Esponiamo dunque le norme del Piano Casa Umbria seguendo l'ordine di stesura della stessa legge regionale.
Il primo articolo, il n. 75, al co. 1, chiarisce subito qual è la finalità delle norme e spiega che le norme perseguono il miglioramento della funzionalità degli spazi abitativi, produttivi e pertinenziali degli edifici esistenti, assicurando al contempo il conseguimento di più elevati livelli di sicurezza, di efficienza energetica e di qualità architettonica, in coerenza con i caratteri storici, paesaggistici ambientali ed urbanistici delle zone ove tali edifici sono ubicati.
I commi successivi sono invece imperniati a delimitare l'ambito di applicazione delle stesse norme.
In primis, sono indicate espressamente alcune norme che devono essere rispettate nell'esecuzione delle norme sul piano casa.
Si tratta innanzitutto delle norme che disciplinano le zone a rischio di frana e idraulico di cui agli articoli 14, 15, 28 e 31 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Assetto Idrogeologico (Piano di bacino Tevere - VI Stralcio funzionale per l'assetto idrogeologico P.A.I.), approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 novembre 2006 e s.m.i., o comunque riferibili a normative di inedificabilità per analoghe situazioni di rischio", nonché le normative dei parchi e delle aree naturali protette.
Successivamente, dall'applicazione delle norme del piano casa vengono esclusi determinati edifici; alcuni vengono esclusi per la loro collocazione: si tratta innanzitutto degli edifici ricadenti negli insediamenti esistenti che rivestono valore storico e culturale e le aree circostanti (v. art. 92, Reg. Att.) e degli insediamenti sparsi nel territorio agricolo costituenti beni di interesse storico, architettonico e culturale (v. art. 93, Reg. Att.).
Sono inoltre esclusi gli edifici classificati come beni culturali secondo le norme del D.Lgs. n. 42/2004, cioè il Codice dei beni culturali e paesaggio nonché, ancora per la loro collocazione, quelli posti nelle zone agricole e realizzati prima del 13 novembre 1997, nonché, naturalmente, quelli posti nelle aree dove l'inedificabilità è assoluta.
Precisandp le esclusioni, lo stesso art. 75 passa a indicare le condizioni alle quali invece ammette gli interventi: deve trattarsi in primis di strutture che corrispondano alla definizione di edificio contenuta dallo stesso testo normativo, all'art. 7, co.1, lett.m), per il quale è edificio l'insieme di strutture portanti ed elementi costruttivi e architettonici reciprocamente connessi in modo da formare con continuità da cielo a terra una entità strutturalmente autonoma, sia isolata o collegata ad altri edifici adiacenti, composta da una o più unità immobiliari, indipendentemente dal regime delle proprietà.
Deve poi trattarsi di edifici esistenti; cioè, ai fini della legge, è ritenuto tale l'edificio finito di costruire alla data del 22 settembre 2011, che sia delimitato da spazi aperti per ogni lato e che sia stato accatastato prima del titolo abilitativo richiesto per gli interventi del piano casa.
Ulteriore delimitazione alla correttezza degli incrementi della superficie utile coperta (SUC) è il rispetto delle norme del codice civile o degli obblighi eventualmente assunti in un atto che sia stato registrato e trascritto.
La legge poi consente il cumulo degi incrementi della superficie utile coperta con la superficie utile coperta residua prevista dagli strumenti urbanistici sul lotto interessato dall'edificio.
Inoltre, il co. 5 prevede il cumulo degli ampliamenti o incrementi della superficie utile coperta previsti con la premialità prevista all'articolo 51, comma 2 per una quota di un ulteriore dieci per cento nel caso di certificazione di sostenibilità ambientale dell'edificio in classe A.
La premialità prevista dall'art. 51, co.2 si riferisce agli interventi edilizi che ottengono la certificazione di sostenibilità ambientale; per tali interventi gli incrementi già previsti per le nuove costruzioni in caso di certificazione (25% per gli edifici classificati in classe A e 15% per gli edifici classificati in classe B) si applicano alla superficie utile coperta complessiva interessata dall'intervento.
Se gli interventi edilizi riguardano edifici posti dentro i centri storici, la SUC di incremento è utilizzabile come previsto all'articolo 36, comma 2 e agli articoli 42 e 43.
E cioè, tenendo presente che ai sensi dell'art. 36, co.1 e 2 le quantità edificatorie per perequazione, premialità e compensazione possono essere utilizzate solo in alcun insediamenti e cioè: insediamenti per attrezzature e servizi pubblici, di uso pubblico o di interesse generale o collettivo (v. art. 91), insediamenti prevalentemente residenziali esistenti (v. art. 94); nuovi insediamenti prevalentemente residenziali (v. art. 95), insediamenti produttivi e per servizi esistenti e di nuova previsione (v. art. 96), insediamenti produttivi e per servizi dismessi (v. art. 97).
Mentre poi, l'art. 42 disciplina l'utilizzazione delle quantità edificatorie, e l'art. 43 i possibili incrementi di prg che possono derivare da dette quantità edificatorie.
Infine, l'art. 75 stabilisce che le disposizioni in questione non sono cumulabili con eventuali ampliamenti già conseguiti ai sensi del Titolo II, Capo II della Legge Regionale 26 giugno 2009, n. 13 (Norme per il governo del territorio e la pianificazione e per il rilancio dell'economia attraverso la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente), in sostanza, le norme del vecchio piano casa, già citate.
Il successivo art. 76 si dedica agli interventi di ampliamenti di edifici a destinazione residenziale, per i quali ammette un massimo del 25% della superfcie utile coperta di ciascuna unità immobiliare, fino a massimo 80 mq, ammettendendo un minimo di 30 mq per gli edifici che, oltre che esistenti e a destinazione residenziale, siano anche: a tipologia unifamiliare o bifamiliare; oppure appartengano ad una diversa tipologia con una superficie utile coperta non superiore a 500 mq indipendentemente dal numero delle unità immobiliari.
Il co. 2 espressamente ammette tali interventi per gli edifici residenziali posti in aree agricole.
Gli interventi di recupero di edifici residenziali
Passando agli interventi di recupero, l'art. 77 ammette al co.1 che la ricostruzione di immobili a destinazione residenziale demoliti possa portare ad un incremento della superificie utile coperta pari al venticinque per cento di quella esistente.
Al co. 2 ammette poi un aumento del 35% quando gli edifici coinvolti dagli interventi di demolizione e ricostruzione siano almeno 3 e siano finalizzati alla riqualificazione urbanistica, architettonica, ambientale e strutturale dell'ambito urbano, la SUC può essere incrementata complessivamente entro il limite massimo del 35% di quella esistente.
Gli interventi di cui al co. 2 sono però amessi se con permesso di costruire condizionato alla stipula di apposita convenzione o atto d'obbligo.
Gli interventi di recupero di cui ai commi 1 e 2 sono ammessi solo se l'edificio ricostuito ottenga la certificazione di sostenibilità ambientale almeno in classe B.
Tali interventi sono poi ammessi anche quando comprendano immobili a destinazione diversa dalla residenziale, con un massimo di incremento del 35%; in tali casi però l'incremento è computato con riferimento alla superficie esistente a destinazione residenziale.
La norma incentiva la realizzazione di locali adibiti ad asili nido o ad altre funzioni socio-culturali pubbliche o di interesse pubblico, per i quali è ammesso un incremento di SUC di un ulteriore 5 %.
In tali casi Le modalità e i vincoli temporali di utilizzo degli spazi per le attività e funzioni di cui al precedente periodo sono stabiliti con apposita convenzione o atto d'obbligo tra il comune ed il soggetto proponente l'intervento (art. 77, ult. co).
Infine, l'art. 79 stabilisce ulteriori condizioni per tutti i tipi di interventi.
L'articolo stabilisce innanzitutto che tutti gli interventi, fermo il rispetto delle norme sulle distanze delle costruzioni, devono garantire il miglioramento della qualità architettonica ed ambientale degli edifici esistenti.In particolare, gli interventi di ricostruzioni e ampliamento di cui all' art. 77 è prevista la condizione del reperimento di spazi per parcheggi pertinenziali ... relativamente all'intero edificio, comprensivo dell'ampliamento,... pari a metri quadrati 1 ogni metri quadrati 3 di superficie utile coperta delle parti abitative, con esclusione dei centri storici (v. art. 85, co.7, Reg. Att.) nonché al rispetto delle normative vigenti in materia di dotazioni territoriali e funzionali relativamente alle parti ampliate.
Infine, quanto all'altezza massima consentita, l'art. 79 stabilisce che essa è, nei casi di cui all'art. 77, co.2 fino a massimo 3,5 metri lineari al di fuori degli ambiti tutelati come beni paesaggistici ai sensi degli articoli 136 e 142 del D.Lgs. n. 42/2004, nel rispetto delle caratteristiche architettoniche e paesaggistiche dei luoghi.
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