Approvato anche in Campania il testo di legge sul Piano Casa per il recupero abitativo.
Dopo un iter piuttosto travagliato, durato oltre tre mesi, anche il Consiglio regionale della Campania ha approvato, nella seduta di mercoledì 9 dicembre, il suo Piano Casa, con 35 voti favorevoli, 6 contrari e 3 astenuti.
Alla riunione finale hanno partecipato anche associazioni di costruttori e sindacati.
Vediamo in sintesi quali sono i principali contenuti del testo di legge.
Gli interventi permessi consistono nell'ampliamento del 20%, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, della cubatura di immobili uni e bifamiliari, di volumetria complessiva non superiore a 1000 mc e con non più di due piani fuori terra.
Sono permessi inoltre ampliamenti fino al 35% di edifici da demolire e ricostruire, purché già accatastati o con la procedura di accatastamento in corso.
È previsto anche il recupero abitativo dei sottotetti esistenti, già possibile con la Legge Regionale n. 15 del 2000, ed ora esteso ai sottotetti realizzati entro la data di entrata in vigore del Piano Casa.
Tutti gli interventi dovranno essere realizzati nel rispetto della normativa sismica e con tecnologie atte ad assicurare una maggiore efficienza energetica.
L'art. 2 bis della legge esclude dagli interventi gli edifici realizzati in assenza di titolo abilitativo nelle zone a rischio idrogeologico e geomorfologico, nella cosiddetta zona rossa a rischio Vesuvio, per gli edifici di valore storico, artistico e culturale, nonché per quelli realizzati in aree di inedificabilità assoluta.
L'art. 4 bis stabilisce che gli ampliamenti siano possibili anche per edifici condonati o per i quali sia stata presentata istanza di condono e completati i relativi pagamenti, purché si tratti di abitazioni che posseggono i requisiti di prima casa.
L'art. 5 è quello che ha visto le forze politiche in campo confrontarsi più duramente e prevede che, per interventi di riqualificazione urbanistica di aree degradate con interventi di demolizione, ricostruzione e ristrutturazione urbanistica, si possano realizzare ampliamenti fino al 50% della volumetria esistente.
Si tratta di un elemento di unicità del piano campano rispetto alle leggi già approvate.
La Regione dovrà, però, stanziare, in fase di programmazione economica, dei fondi per l'edilizia economica e popolare.
Nelle aree dove sono presenti attività produttive dismesse da almeno tre anni, sarà possibile, per lotti non superiori a 15.000 mq, anche attraverso il cambio di destinazione d'uso, realizzare degli interventi di sostituzione edilizia a parità di volume, nel caso in cui venga destinata una quota di pari almeno al 30% all'edilizia di tipo sociale.
L'art. 7 stabilisce che la possibilità di realizzare gli ampliamenti dovrà essere subordinata alla valutazione della sicurezza del fabbricato, da riportare nell'apposito fascicolo.
L'art. 8 modifica la disciplina della legge 9/1983, stabilendo che per gli edifici ubicati in zone ad alto rischio sismico sarà obbligatoria l'autorizzazione sismica da parte del Genio Civile.
A questo punto, quindi, la parola passa ai Comuni, che hanno 60 giorni di tempo per fissare delle regole più restrittive e indicare le eventuali aree di inapplicabilità della legge.
Essi dovranno in tal caso approvare un documento in sede di Consiglio, nel quale si dovranno motivare le ragioni urbanistiche per cui non saranno consentiti gli interventi.
La legge avrà naturalmente valore a tempo determinato e pertanto, come fissato dall'art. 9, le istanze per poter eseguire i lavori, DIA o permesso di costruire, dovranno essere presentate entro 18 mesi dalla sua entrata in vigore.