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È una pianta dall'elevata pericolosità, appartenente alla categoria delle erbe spontanee tossiche, pertanto è opportuno saperla riconoscere.
La pericolosità si rivolge sia agli esseri umani che agli animali.
Il suo nome scientifico è Dendrocnide moroides, e sebbene sembri innocua all'apparenza, ha una particolarità molto insidiosa.
Essa consiste nei suoi aculei che non sono visibili al primo colpo d'occhio.
Si tratta non a caso di elementi minuscoli, posti sulle sue foglie, che si rivelano estremamente pungenti, e non solo.
Il loro contatto accidentale provova diverse problematiche, proprio a causa di una tossicità insita in questi aculei che sembrano come dei peli.
Laddove si incontri la pianta, sarà bene non toccarla, proprio per non incorrere nel rischio di giungere a contatto della superficie superiore di qualsiasi sua foglia.
Ma scopriamo, a questo punto, maggiori dettagli.
Raggiunge da 1 a 3 m in altezza, ha foglie grandi con la forma di cuore.
Queste ultime misurano da 12 a 22 cm in lunghezza e da 11 a 18 cm in larghezza.
Avevamo accennato alla tossina in essa contenuta, come in tutte le erbe spontanee tossiche. Tossina che la pianta stessa sparge attraverso i propri aculei.
Per rendere l'idea, è molto simile a quella presente nei ragni velenosi.
Ecco la proporzione rispetto all'uomo (fonte: Youtube - Natura da scoprire)
Nonostante venga definita Albero dei suicidi, in realtà non causa la morte.
Ma il risultato consiste in un dolore davvero molto intenso, che è difficile da sopportare. E ancor di più se si pensa che esso si protrae per diversi giorni.
Come un esperto in materia ha fatto notare, il semplice e lieve sfregamento di una delle sue foglie sulla pelle, che avvenga anche rapidamente, è di per sé sufficiente a subire gli effetti indesiderati di cui sopra.
L'esperto in questione è Edward Gilding, biologo ricercatore dell'Università del Queensland in Australia. Egli ha condotto diverse ricerche sull'argomento che hanno portato alla scoperta della tossina menzionata.
Nello specifico, si tratta di una neurotossina che agisce direttamente sulla percezione del dolore.
La pianta è originaria appunto dell'Australia, ma è presente anche in diverse zone dell'Indonesia. Non si trova quindi dalle nostre parti, ma visti i viaggi che di sovente vengono svolti in direzione proprio di Australia e Indonesia, anche diversi turisti potrebbero imbattersi in questa pianta insidiosa.
La pianta non è totalmente tossica, non in tutte le sue parti. I suoi frutti sono infatti commestibili, per uomini e animali. Ma sarebbe necessario anche qui rimuovere il substrato di peli che interessano anche questi ultimi.
In particolare, si attacca alle cellule che si occupano della percezione e trasmissione del dolore, mandandole davvero in subbuglio. Le neurotossine portano il nome di gimpietidi e sono i composti chimici presenti nei piccoli peli dell'ortica gigante.
I frutti, di colore fucsia, sono la parte commestibile (fonte: herbalistics.com.au)
La cellula attaccata, in seguito allo scombinamento delle sue funzioni, continua a inviare segnali di dolore al cervello. Anche se essi non sono quindi dovuti a delle particolari lesioni, arrecano davvero sofferenza e con continuità per vari giorni.
Ma è stato scoperto altresì un ulteriore aspetto molto interessante sul tema: gli effetti non valgono per tutti.
Oltre agli uomini, ne sono soggetti gli animali laddove malauguratamente dovessero incorrervi (anche se gli animali che popolano la medesima area geografica hanno imparato perlopiù a riconoscerla), ma non tutti gli animali.
Ebbene sì, vi sono delle specie che sono risultate immuni alla tossina.
Non solo, ma le specie considerate si cibano della pianta e del suo fogliame in particolare, senza che ciò arrechi loro alcuna controindicazione.
Si è ipotizzato, tra gli esperti in materia, che gli animali in questione possano aver sviluppato una reazione di contrasto. Ossia, una modalità biologica tale da disattivare i gimpietidi. In una prospettiva futuristica, si potrebbe immaginare lo sviluppo di nuove cure palliative.
Se la parte colpita dagli aculei viene bagnata, toccata, o si ritrovi ad affrontare dei repentini cambi di temperatura, il dolore ritorna anche a distanza di mesi.
Sebbene sia di minore intensità.
Con aculei sparsi nell'aria, è normale anche il sanguinamento dal naso
Tra la sintomatologia abbiamo la comparsa di piccole chiazze rosse che finiscono per svilupparsi, formando una sola grande area interessata dal rossore e dal gonfiore.
Se poi i piccoli aculei sono dispersi nell'aria, si avvertono sintomi quali forti starnuti e naso che cola, gola irritata, sanguinamento nasale (seppur non eccessivo).
È quest'ultimo il caso in cui la pianta venga soggetta a operazioni di taglio, o anche solo di semplice pulizia.
Chi se n'è occupato ha infatti lamentato tali sintomi, laddove non abbia indossato delle protezioni totalmente coprenti.
La pianta è nota con questo nome per via dei racconti che si sono tramandati, tra mito e realtà. Si narra, infatti, che già nell'antichità gli uomini e gli animali abbiano scoperto gli effetti di questa pianta.
Scopriamo il perché del soprannome Albero dei suicidi (fonte: ilparanormale.com)
Da quel che si è tramandato, vi sono stati diversi casi di suicidio per via dell'induzione alla follia da parte del dolore, che non si riusciva a calmare.
Anche animali, in particolare cavalli e cani, si sarebbero lanciati da scogliere per via degli effetti della pianta. Non si sa bene quanto ci sia di vero e quanto di mitologico in tali racconti, ma la nomea è rimasta fino ai giorni nostri.
Se in un viaggio, malauguratamente, si dovesse avere a che fare con l'ortica velenosa gigante, c'è qualcosa che si possa fare?
Sicuramente sì, si potrà sottoporre la parte interessata a un determinato trattamento, allo scopo di alleviare gli effetti.
L'acido citrico è molto utile per il trattamento delle lesioni
Trattiamo quindi la parte con acido citrico diluito. In seguito, passiamovi sopra una striscia per l'epilazione, o in alternativa una striscia di nastro adesivo coadiuvandosi con una piccola pinza.
In questo modo avremo rimosso gli aculei. Abbiamo l'accortezza di estrarli completamente, dunque procediamo con delicatezza.
Se malauguratamente uno o più aculei si spezzassero, oltre a comprometterne la rimozione, si acuirebbe altresì il dolore.
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