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Il codice civile, nell'ambito delle norme dettate in materia di distanze delle costruzioni, ha previsto una specifica disciplina per il così detto muro di cinta.
Che cos'è?
Chi è il proprietario?
Queste le principali domande cui bisogna rispondere per il corretto inquadramento di questo manufatto che è cosa in parte diversa dal muro comune.
Che cosa debba intendersi per muro di cinta e di conseguenza quali siano le caratteristiche che il manufatto debba avere per essere considerato tale, ce lo dicono il codice civile e la Cassazione.
Ai sensi del primo comma dell'art. 878 c.c.:
Il muro di cinta e ogni altro muro isolato che non abbia un'altezza superiore ai tre metri non è considerato per il computo della distanza indicata dall'art. 873.
La Corte di Cassazione ha individuato i requisiti del muro di cinta in tre imprescindibili caratteristiche: 1) trattarsi di muro isolato, le cui facce, cioè emergano dal suolo e siano isolate da ogni altra costruzione; 2) la destinazione del muro alla demarcazione della linea di confine ed alla separazione e chiusura della proprietà; 3) l'altezza non superiore ai tre metri (Cass. 26 febbraio 1992 n. 2376).
Perché proprio tale altezza?
Per quanto in particolare concerne quest'ultimo requisito, le ragioni che ne esigono la ricorrenza, per il muro di cinta come per ogni altro muro isolato, si ricollegano alla ratio stessa delle disposizioni: le esigenze di igiene, salubrità, funzionalità e sicurezza degli abitati che le norme sulle distanze da osservare tra costruzioni insistenti su fondi finitimi sono dirette a tutelare, non hanno motivo di essere invocate per il muro di cinta, muro isolato caratterizzato dalla destinazione a recingere una determinata proprietà, solo se ed in quanto lo stesso abbia un'altezza limitata (non superiore ai 3 mt.), coerente con tali finalità ed escludente il pericolo della formazione di intercapedini dannose, non essendovi altrimenti ragione per non considerare il muro in questione come una vera e propria costruzione, rilevante ai fini del computo della distanza prescritta dall'art. 873 c.c. (Cass. 26 febbraio 1992 n. 2376).
Il muro di cinta, che è quindi quel manufatto isolato di altezza pari a 3 metri, la cui finalità è di recingere la proprietà demarcandola rispetto ai fondi finitimi, è di proprietà di chi lo costruisce.
Tuttavia, ai sensi dell'art. 886 c.c., rubricato per l'appunto Costruzione del muro di cinta:
Ciascuno può costringere il vicino a contribuire per metà nella spesa di costruzione dei muri di cinta che separano le rispettive case, i cortili e i giardini posti negli abitati. L'altezza di essi, se non è diversamente determinata dai regolamenti locali o dalla convenzione, deve essere di tre metri.
Secondo la Corte regolatrice, che è intervenuta a specificare il significato della norma appena citata, l'art. 886 cod. civ., prevedendo un obbligo a carico del vicino di contribuire per metà nella spesa di costruzione del muro di cinta, è norma per sua natura eccezionale e quindi insuscettibile di interpretazione analogica.
In questo contesto una rete metallica non sarebbe idonea ad assicurare quella protezione dei fondi che il legislatore ha avuto di mira prevedendo l'obbligo di contribuire alla costruzione del muro di cinta (Cass. 18 dicembre 1986 n. 7675).
Si badi la comunione forzosa riguarda solamente i muri posti tra case, cortili e giardini posti negli abitati.
In sostanza per gli altri muri di cinta non è possibile imporre la contribuzione nella proprietà e, quindi, nelle spese.
Tale costrizione, tuttavia, non rappresenta un diritto assoluto s'è vero, com'è vero, che ai sensi dell'art. 888 c.c., rubricato Esonero dal contributo nelle spese,
Il vicino si può esimere dal contribuire nelle spese di costruzione del muro di cinta o divisorio, cedendo, senza diritto a compenso, la metà del terreno su cui il muro di separazione deve essere costruito. In tal caso il muro è di proprietà di colui che l'ha costruito, salva la facoltà del vicino di renderlo comune ai sensi dell'art. 874, senza obbligo però di pagare la metà del valore del suolo su cui il muro è stato costruito.
Il riferimento all'art. 874 c.c. fa sì che il vicino, originariamente rinunciatario, possa tornare sui propri passi, chiedendo la comunione del muro senza, però, dover pagare le spese per la metà del terreno su cui il muro è costruito.
Si tratta di una logica conseguenza del fatto che al momento dell'esonero dalle spese egli deve cedere, senza diritto al compenso, tale parte di terreno.
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