Locazione commerciale, diniego del rinnovo e conseguenze

Il proprietario di un locale commerciale può impedire il rinnovo tacito del contratto di affitto solamente in determinati casi e se non adempie rischia sanzioni.
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Locazione commercialeI contratti per uso diverso da quello abitativo hanno durata minima di sei anni.


A stabilirlo il primo comma dell'art. 27 della legge n. 392/78 a mente del quale:


La durata delle locazioni e sublocazioni di immobili urbani non può essere inferiore a sei anni se gli immobili sono adibiti ad una delle attività appresso indicate industriali, commerciali e artigianali di interesse turistico, quali agenzie di viaggio e turismo, impianti sportivi e ricreativi, aziende di soggiorno ed altri organismi di promozione turistica e simili.


Il secondo comma del medesimo articolo completa la norma succitata specificando che:


La disposizione di cui al comma precedente si applica anche ai contratti relativi ad immobili adibiti all'esercizio abituale e professionale di qualsiasi attività di lavoro autonomo.


Se l'attività è quella alberghiera, invece, al durata del contratto è almeno di nove anni (art. 27, terzo comma, l. n. 392/78).


L'art. 28 specifica che il contratto deve intendersi rinnovato per eguale periodo di tempo, salvo disdetta.


Prima scadenza e diniego del rinnovo


Scopo della legge è quello di regolamentare le locazioni anche al fine di consentire una stabilità di tali rapporti contrattuali.


Ciò, tuttavia, non vuol dire impedire aprioristicamente la possibilità di sciogliere quel vincolo contrattuale.


In questo contesto, però, il legislatore ha stabilito che il proprietario può negare il rinnovo se ricorrono ben precise circostanze.


Si tratta delle ipotesi previste dall'art. 29 l. n. 392/78. Tra queste citiamo le più note:


a) adibire l'immobile ad abitazione propria o del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta;


b) adibire l'immobile all'esercizio, in proprio o da parte del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta, di una delle attività indicate nell'articolo 27, o, se si tratta di pubbliche amministrazioni, enti pubblici o di diritto pubblico, all'esercizio di attività tendenti al conseguimento delle loro finalità istituzionali;


Contratto di locazionec) demolire l'immobile per ricostruirlo, ovvero procedere alla sua integrale ristrutturazione o completo restauro, ovvero eseguire su di esso un intervento sulla base di un programma comunale pluriennale di attuazione ai sensi delle leggi vigenti. Nei casi suddetti il possesso della prescritta licenza o concessione è condizione per l'azione di rilascio; gli effetti del provvedimento di rilascio si risolvono se, prima della sua esecuzione, siano scaduti i termini della licenza o della concessione e quest'ultima non sia stata nuovamente disposta;


d) ristrutturare l'immobile al fine di rendere la superficie dei locali adibiti alla vendita conforme a quanto previsto nell'articolo 12 della legge 11 giugno 1971, n. 426 e ai relativi piani comunali, sempre che le opere da effettuarsi rendano incompatibile la permanenza del conduttore nell'immobile. Anche in tal caso il possesso della prescritta licenza o concessione è condizione per l'azione di rilascio; gli effetti del provvedimento di rilascio si risolvono alle condizioni previste nella precedente lettera c).


Il quinto e sesto comma dell'art. 29 l. n. 392/78 specificano che:


Nella comunicazione deve essere specificato, a pena di nullità, il motivo, tra quelli tassativamente indicati nei commi precedenti, sul quale la disdetta è fondata.


Se il locatore non adempie alle prescrizioni di cui ai precedenti commi il contratto s'intende rinnovato a norma dell'articolo precedente.


Sanzioni per il caso di inadempimento


Poniamo il caso, che è poi quello risolto dalla sentenza n. 19811 del 4 ottobre 2013 resa dal Tribunale di Roma, che il locatore, pur specificando chiaramente e regolarmente il motivo della disdetta, non agisca poi di conseguenza.


Che cosa accade?


L'art. 31 della l. n. 392/1978, dedicato alle sanzioni, recita:


Il locatore che abbia ottenuto la disponibilità dell'immobile per uno dei motivi previsti dall'art. 29 e che, nel termine di sei mesi dall'avvenuta consegna, non abbia adibito l'immobile ad abitazione propria, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta, o non abbia adibito l'immobile ad esercizio in proprio di una delle attività indicate all'art. 27, ovvero non abbia rispettato i termini della concessione o quelli del piano comunale di intervento per quanto attiene l'inizio dei lavori di demolizione, ricostruzione, ristrutturazione o restauro dell'immobile ovvero, in caso di immobili adibiti ad esercizio di albergo, pensione o locanda, non abbia completato i lavori di ricostruzione nel termine stabilito dal Ministero del turismo e dello spettacolo, è tenuto, se il conduttore lo richiede, al ripristino del contratto, salvi i diritti acquistati da terzi in buonafede, e al rimborso delle spese di trasloco e degli altri oneri sopportati, ovvero al risarcimento del danno nei confronti del conduttore in misura non superiore a quarantotto mensilità del canone di locazione percepito prima della risoluzione del contratto, oltre alle indennità previste ai sensi dell'art. 34.


Il giudice, oltre a determinare il ripristino o il risarcimento del danno, ordina al locatore il pagamento di una somma da L. 500.000 a L. 2.000.000 da devolvere al comune nel cui territorio è sito l'immobile, ad integrazione del fondo sociale previsto dal titolo III della presente legge.


Il Tribunale di Roma, richiamando questa norma, ha ribadito che essa configura un'ipotesi di responsabilità del locatore da inadempimento, costituente species del genus di cui all'art. 1218 c.c.; in breve, il locatore che deneghi il rinnovo del contratto di locazione non abitativa alla prima scadenza, per alcuno dei motivi descritti dall'art. 29 della L. n°392/1978, e poi non faccia seguito alle intenzioni annunciate a motivo della comunicazione (negoziale) di diniego di rinnovo, entro il termine di sei mesi dall'effettiva consegna della res locata, è esposto all'azione (potestativa) di ripristino del contratto, od in alternativa all'azione risarcitoria del conduttore, che ha diritto di ottenere una somma a tal titolo, non superiore a quarantotto mensilità dell'ultimo canone pagato alla cessazione del contratto (c.d. danno da abuso di disdetta) (Trib Roma 04 ottobre 2013 n. 19811).


In buona sostanza se il locatore non agisce come avrebbe dovuto e l'ex conduttore gli fa causa, spetta al primo dimostrare che l'inadempimento è dovuto a causa a lui non imputabile.

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