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Nell'ambito di un edificio in condominio, l'impianto di riscaldamento può essere:
a) comune a tutti i condomini (salvo quelli che hanno unità immobiliari non collegate, es. box auto);
b) individuale;
c) comune ai soli condomini che nel corso del tempo non si siano distaccati.
Nel primo caso la manutenzione e le relative spese spettano a tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà, salvo diverso accordo; le spese per il combustibile devono essere ripartite secondo le tabelle d'uso e se presenti i sistemi di contabilizzazione, anche in base all'uso.
Tale discorso, chiaramente, vale sia per gli impianti in uso a tutti, sia per quelli in cui v'è stato qualche distaccamento, con una specificazione: rispetto a questa ultima ipotesi, i così detti distaccati partecipano solamente alle spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma.
Tutte queste spese gravitano sui singoli proprietari per i casi d'impianti individuali, tanto nell'ipotesi d'impianto ubicato in condominio, tanto per quello di abitazione indipendente.
Il d.p.r. n. 74 del 2013, che ha sostituito in parte il d.p.r. n. 412/93, specifica che gli impianti di riscaldamento (tecnicamente chiamati impianti termici destinati alla climatizzazione degli ambienti invernali) sono condotti in modo che, nel periodo in cui ne è consentito il funzionamento, non siano superati i valori massimi di temperatura indicati dallo stesso decreto (cfr. art. 4, primo comma, d.p.r. n. 74/2013).
In buona sostanza la legge, meglio il decreto presidenziale, specifica un temperatura massima al di sopra della quale gli ambienti riscaldati non devono andare.
Qual è questa temperatura?
Il riferimento per le abitazioni è contenuto nell'art. 3, primo comma lett. b), d.p.r. n. 74/2013, il quale specifica che durante il periodo di funzionamento dell'impianto di riscaldamento, la media ponderata delle temperature dell'aria (si badi: dell'aria non dei caloriferi), misurate nei singoli ambienti riscaldati di ogni unità immobiliare, non deve superare 20°C + 2°C di tolleranza per tutti gli altri edifici.
Che cosa vuol dire media ponderata?
In sostanza si deve misurare la temperatura dell'aria di ogni ambiente della casa riscaldato (così quindi non dovranno entrare a fare parte della media i balconi, le verande chiuse ma non riscaldate, i corridoi nei quali non vi sono caloriferi, ecc.) e le si divide per il numero di vani.
La temperatura così risultante non deve superare 20° centigradi, salvo una tolleranza in eccesso di due gradi.
La legge nazionale non individua una temperatura minima rispetto alla quale bisogna guardare ad eventuali disposizioni contenute nella legislazione regionale, nei regolamenti edilizi locali ed alle norme UNI di riferimento.
Chiaramente il comfort varia a seconda degli ambienti: è più normale una sala da pranzo leggermente più fredda di un bagno rispetto al contrario.
Il secondo comma dell'articolo 3 specifica che la temperatura dell'aria negli ambienti dev'essere mantenuta entro i limiti fissati attraverso accorgimenti che non comportino spreco di energia.
Che cosa fare se la temperatura degli ambienti è troppo alta?
Se per temperatura troppo alta intendiamo una temperatura superiore rispetto a quella indicata dalla legge, è bene avvisare l'amministratore (o nel caso d'impianto singolo il manutentore) affinché si provveda all'esecuzione di una verifica di funzionamento. In linea teorica (ahinoi i controlli in materia sono scarsi) il superamento della temperatura dipendente dal funzionamento dell'impianto di riscaldamento comporta l'irrogazione di sanzioni.
E se, invece, la temperatura è troppo bassa? Abbiamo detto che a livello legislativo nazionale non esistono dei valori minimi al di sotto dei quali bisogna considerare l'impianto mal funzionante.
Sarà necessario, quindi, fare riferimento alla normativa locale ed a quella tecnica, eventualmente chiedendo l'intervento del manutentore per l'eliminazione della disfunzione, se dipendente dall'impianto.
Qualora dovesse trattarsi d'impianto condominiale, il proprietario dell'unità immobiliare potrebbe chiedere i danni per il cattivo funzionamento dell'impianto.
Ad avviso dello scrivente, anche se non si rintracciano sentenze sull'argomento, costituisce grave difetto costruttivo quello consistente nel cattivo isolamento termico dell'edificio tale da vanificare l'effetto proprio dell'impianto di riscaldamento.
In tale ipotesi, se si rientra nei tempi previsti dalla legge (art. 1669 c.c.), tanto nell'ipotesi di unità immobiliare individuale, tanto nel caso di edificio in condominio, si potrebbe chiamare in causa il costruttore per l'eliminazione del difetto ed il risarcimento del danno.
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