La comunione,il condominio negli edifici e la possibilità che un bene in condominio divenga bene in comunione: i riflessi sulla sua cessione.
La comunione è una forma di proprietà condivisa tra più persone.
L'esempio classico è quello dell'appartamento in comunione di beni tra marito e moglie: ma si pensi anche all'appartamento caduto in eredità, a quello comprato da due soci per insediarvi il proprio studio, ecc.
Con la comunione le parti godono del bene in se è per sè
Il condominio, invece, è una particolare forma di comunione di parti dell'edificio necessarie e funzionali al godimenti di porzioni di piano di proprietà esclusiva.
Così le scale servono per accedervi, il tetto per coprirle, l'impianto di riscaldamento per riscaldarle e così via.
Si dice che i beni in condominio hanno una funzione strumentale:
essi sono usati per godere al meglio di altre cose, le unità immobiliari.
Ciò detto andiamo al cuore del problema.
Un edificio in comunione può trasformarsi in edificio in condominio?
Si; se i proprietari del tutto decidono di assegnarsi la proprietà di specifici appartamenti, le parti accessorie (scale, ecc.), salvo diversa pattuizione, saranno sottoposte al regime del condominio.
È possibile il percorso inverso?Anche qui la risposta è positiva: tutto dipende dai proprietari.
Andiamo ancora più a fondo alla questione:
è possibile che singole parti che originariamente erano sottoposte al regime del condominio divengano automaticamente sottoposte a quello della comunione?
La risposta, fornita dalla Cassazione, è positiva. In una sentenza del 2011, gli ermellini si sono occupati della questione con specifico riguardo all'ex alloggio del portiere.
Si legge nella pronuncia che la cessazione della qualità condominiale del bene, derivante dal fatto obiettivo del suo mutamento di destinazione, non più asservita all'uso delle singole proprietà dei condomini, implicava infatti una conseguenza di non poco momento, ravvisabile nel fatto che il bene veniva sottratto alla disciplina propria dei beni comuni del condominio per essere affidato a quella della comunione ordinaria.
È noto che, in tema di condominio, il singolo partecipante non può alienare separatamente la propria quota di comproprietà dei beni comuni, senza alienare la propria proprietà individuale a cui tali beni sono asserviti; se il bene comune ha determinate caratteristiche ed è suscettibile di godimento individuale, esso può essere alienato, ma solo per effetto della volontà di tutti i condomini (Cass. n. 15444 del 2007).
La sottrazione del bene alla sua destinazione comune che consegue alla sua cessione comporta, infatti, una rinuncia che richiede il consenso unanime dei condomini.
Nel caso di comunione ordinaria, vige, invece, la regola della libera disponibilità della quota, in forza della quale ciascun partecipante alla comunione può cedere ad altri il suo diritto di comproprietà (art. 1103 cod. civ.) (Cass. n. 8092/11).
In sostanza non solo una parte che prima era condominiale può considerarsi come bene caduto in comunione ma il singolo comproprietario di quel bene può cedere la propria quota indipendentemente dalla cessione dell'unità immobiliare ubicata in condominio, almeno così è secondo la Cassazione.