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14 Gennaio 2013 ore 01:07 - NEWS Bagno |
Dopo la vendita dello storico marchio Marazzi ad un gruppo americano, la recente notizia del fallimento, decretato dal Tribunale di Firenze, della Richard Ginori, è un ulteriore preoccupante segnale d'allarme della crisi che la ceramica italiana sta attraversando. Tanto più preoccupante, se si pensa che resta comunque uno dei settori trainanti della nostra economia.
Non è stato sufficiente, per i giudici, il piano di salvataggio proposto dai liquidatori, che prevedeva l'affitto ad una cordata di aziende costituita dall'americana Lenox e dalla romena Apulum, che si impegnavano ad acquistarla successivamente per 13 milioni di euro, mentre il pagamento di una parte dei debiti (circa 23 milioni) sarebbe venuto dalla cessione allo Stato del Museo della Porcellana.
Si perdono quindi le speranze per gli oltre 300 lavoratori dallo scorso agosto in cassa integrazione, che hanno quindi occupato la fabbrica e si sono riuniti in assemblea, mentre è stato nominato come curatore fallimentare Andrea Spignoli, che spera di trovare un acquirente.
Richard Ginori è un nome storico dell'industria italiana: la storica azienda della porcellana di lusso per la tavola nacque oltre 250 anni fa a Sesto Fiorentino, sulle fondamenta della Manifattura Doccia, fondata da Carlo Ginori nel 1735.
A quei tempi la lavorazione della porcellana in Europa era un'arte ancora in parte segreta, strappata agli inventori cinesi e gelosamente custodita dal re di Sassonia.
Il marchese Ginori realizzò nella sua tenuta un rudimentale forno, con cui sperimentare la produzione del prezioso materiale, riuscì nel suo intento e fondò la sua manifattura.
Nel 1896 grazie alla fusione con il gruppo industriale del milanese Augusto Richard, l'azienda assunse l'attuale denominazione e i contorni di vera e propria produzione industriale, anche grazie alla realizzazione di isolatori in ceramica, necessari con la diffusione dell'elettricità.
Nel 1965 l'aziende conobbe la prestigiosa direzione artistica dell'architetto e designer Gio Ponti, mentre nel 1965 si fuse con la Società Ceramica Italiana di Laveno.
Negli anni Settanta l'azienda si fuse con la Pozzi per dare vita ad un unico grande gruppo ceramico, la Pozzi Ginori, ed entrando così nel mondo dell'arredo bagno.
L'azienda è stata probabilmente affossata da una gestione troppo spregiudicata avvenuta negli ultimi 40 anni.
Nel 1970, infatti, la storia dell'azienda si incrocia con quella di Michele Sindona, banchiere massone colluso con la mafia, morto per avvelenamento in carcere, dove stava scontando un ergastolo.
Proprio quell'anno, infatti, l'azienda era divenuta una controllata della Finanziaria Sviluppo di Sindona.
Nel 1973 l'azienda si fonde con la Liquigas di Raffalee Ursini, padrone, tra l'altro della SAI, fuggito negli anni '80 in Sud America, dopo una condanna per falso in bilancio.
È in questi anni che l'azienda si fonde con la Pozzi, per poi passare di nuovo nel '77 alla SAI controllata da Salvatore Ligresti.
Ma i veri problemi iniziano nel 1993, quando il gruppo viene scorporato e la Pozzi Ginori va alla Sanitec Corporation, mentre la Richard Ginori viene rilevata dalla Pagnossin.
Nel 2006 entra a far parte del gruppo la Bormioli Rocco & Figli, con l'idea di produrre oggetti da vendere nella grande distribuzione, ma per ridurre i costi, gran parte di questo materiale non fu prodotto dallo storico stabilimento sestese, ma in varie fabbriche italiane.
Questa collaborazione durò soltanto un anno, quando la azienda passò nella mani dell'immobiliarista Luca Sarreri.
Lo scorso anno l'azienda si è ritrovata con debiti per oltre 40 milioni di euro, la fabbrica di Sesto Fiorentino viene posta in liquidazione volontaria, e viene creato un collegio di liquidatori per evitare il fallimento.
Missione come abbiamo visto, che non ha avuto successo.
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