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Avere un giardino bello e rigoglioso, senza spreco idrico, è possibile. Basta affidarsi al cosiddetto xeriscaping o dry gardening.
Letteralmente “giardino secco o asciutto” (xerós e dry = asciutto, landscaping e garden = paesaggio-giardinaggio) ha per protagoniste piante che necessitano di poca acqua.
Il risultato? Una soluzione d'impatto e sostenibile.
Questa tecnica appare negli Stati Uniti negli anni '80, quando a Denver fu razionata l'acqua a causa della siccità. Si diffonde in California e arriva in Europa, negli anni '90, per contrastare gli effetti del cambiamento climatico.
Di norma, quando si annaffia un giardino, solo il 10-30% viene trattenuto dalle piante, il 90-70% si disperde per evaporazione o nel sottosuolo.
Questo non succede con un dry garden, in cui i consumi effettivi di acqua sono contenuti, grazie a esemplari adatti a tale scopo.
Scelta e preparazione del terreno, messa a dimora nel periodo opportuno, irrigazioni mirate: per farli crescere al meglio, ci sono altri aspetti da conoscere e mettere in pratica.
L'obiettivo è quello di creare un ecosistema che sia quasi completamente autosufficiente, consentendo un grande risparmio idrico e di tempo.
Un giardino secco ben progettato richiede poca manutenzione.
Ecco come realizzarne uno a regola d'arte.
Per la riuscita di un dry garden, è importante un buon drenaggio.
L'acqua ha bisogno di penetrare a fondo nel terreno per fornire il giusto nutrimento alle piante nei mesi più caldi. Inoltre, occorre evitarne il ristagno per scongiurare il rischio di attacchi fungini.
Come ottenere tutto questo?
Procedete con un'attenta fresatura per sminuzzare il suolo, rimescolarne gli strati superficiali e scioglierlo. Se necessario, integratelo con terreno fertile e materiale drenante.
Nei terreni in cui prevale un'alta percentuale sabbiosa, che per loro natura allontanano l'acqua, aggiungete una sostanza organica. Serve per trattenerla e migliorare la ritenzione idrica.
Nei terreni argillosi, invece, che tendono a trattenere l'acqua, la sostanza organica ne affina la struttura, creando un buon rapporto tra micropori occupati da acqua e macropori occupati da aria, agevolando la crescita delle radici.
Lavorate il terreno, preparandolo alla coltura, fino a una profondità di almeno 50-60 centimetri. Le radici possono così svilupparsi e raggiungere gli strati più idratati.
Quando mettere a dimora le piante in un dry garden?
Il periodo migliore è l'autunno.
Il motivo? Durante i mesi invernali, le piante hanno la possibilità di sviluppare radici profonde, sfruttando le piogge stagionali per garantirsi le risorse idriche essenziali.
Hanno così il tempo per ambientarsi e formare un apparato radicale tale da ricercare l'umidità negli strati profondi del terreno nei mesi più caldi.
Nel primo anno dalla messa a dimora, le piante necessitano di maggiori irrigazioni, non tanto per quanto riguarda la frequenza, ma la quantità.
Queste dovranno simulare un acquazzone estivo.
In questo modo, l'acqua penetrerà lentamente negli strati profondi del terreno, dove le piante la prenderanno nei giorni più secchi.
Queste si abitueranno a ricevere acqua di rado e a rinforzarsi per sopravvivere in maniera quasi autosufficiente quando le irrigazioni diminuiranno ulteriormente.
Ci sono altri accorgimenti da adottare per sfruttare al meglio le poche e preziose irrigazioni.
Ecco i più comuni:
Per pacciamare, potete usare: compost (ottimo per nutrire il terreno), vulcanite e ghiaia (proteggono le colture da un'eccessiva insolazione e sono ideali anche sotto il profilo estetico), corteccia di conifere (tende ad acidificare il terreno, quindi, occorre utilizzarla con parsimonia).
Passiamo alla parte clou nella progettazione di un dry garden: la scelta delle piante. Oltre che richiedere poca acqua, devono essere:
È importante raggruppare nella stessa area gli esemplari che hanno necessità idriche e colturali simili, per scongiurare marciumi radicali o disseccamenti.
Quelli che sopportano meglio la siccità, vanno posizionati in alto o a ridosso di eventuali pareti. Quelli che vogliono più acqua, invece, vanno messi in basso, riparandoli dal sole.
Vicini, ma non troppo: distanziateli per evitare che le radici competano fra di loro per guadagnarsi più acqua.
Detto ciò, scopriamo su quali specie puntare.
In un dry garden, non possono mancare le specie cactacee e succulenti capaci di dare vita a un suggestivo mix di forme e colori, con il minimo sforzo.
Queste richiedono poca acqua, concime e attenzioni.
Tra gli esemplari su cui puntare troviamo i Saguari, originari dell'America, si sono ambientati bene in Italia.
Si tratta di imponenti cactus dalla forma cilindrica che, se coltivati direttamente nel terreno, riescono a raggiungere altezze notevoli, fino a 12 metri, in vaso, l'altezza è minore, ma risultano altrettante belli, grazie ai fiori bianchi che spuntano a gruppi all'apice dei fusti.
L'Hylocereus presenta fusti triangolari cosparsi da mazzetti di spine e grandi fiori colorati, lunghi anche 30 centimetri, che fioriscono di notte e si richiudono di giorno.
Tra le succulente spicca il Sedum.
Con il susseguirsi delle stagioni, è possibile ammirare il contrasto tra il verde e il rosa che caratterizzano rispettivamente l'interno e l'esterno delle foglie, con la loro tipica forma a rosetta.
Spazio poi alle piante aromatiche. Rosmarino, maggiorana, salvia, timo, lavanda sono tra le più comuni, ma non limitatevi solo a queste.
Esiste un'ampia scelta di specie che riempiranno il vostro giardino secco di profumi, come il mirto e la ruta, da portare in cucina tutte le volte che volete.
A proposito di piatti, che ne dite di sfruttare il dry garden per realizzare un piccolo orto.
Sono da preferire le specie con radici prominenti, quali patate e cipolle, o quelle con poche pretese, come peperoni e melanzane.
Potete divertirvi a trovare le giuste consociazioni di piante da orto e ornamentali.
Spesso, si sviluppano sinergie associative che comportano reciproci vantaggi: miglioramento del terreno, ottimizzazione delle riserve di umidità presenti, riduzione dei parassiti.
L'arbusto perfetto per un dry garden è l'oleandro. È robusto, resistente alla siccità, fiorisce per tutta l'estate, dando vita a fiori che vanno dal rosa al rosso.
Se mangiato, però, è tossico. Non usatelo, quindi, se avete animali domestici.
In alternativa, potete ricorrere al cisto, arbusto di forma tondeggiante, che in primavera si riempie di fiori composti da cinque petali stropicciati di vari colori (bianco, rosa, porpora, maculati).
Di grande impatto poi è la perovskia, pianta arbustiva che profuma di salvia, è conosciuta infatti con il nome di salvia russa, e somiglia alla lavanda.
Assomiglia al rosmarino e si distingue per i fiori giallo vivo, invece, la ginestra.
Esistono esemplari che producono fioriture generose e profumate di altre colorazioni (bianco, rosa, rosso, arancio).
In un giardino secco, oltre alle specie viste finora, sono indicate:
Il giardino secco può essere arredato in vari modi.
Se volete un tappeto erboso, optate per la Lippia nodiflora, un tappezzante perenne che resiste fino a -10°C. Nella varietà Canescens tollera le alte temperature, la siccità e l'intenso calpestio. Da aprile a ottobre, dà vita a decorativi fiorellini bianchi.
Via libera poi a: legno, pietrisco, ghiaia e sabbia.
Contornatelo di percorsi, vialetti, passerelle, aiuole e siepi per proteggere le piante dal vento.
La caratteristica principale di un giardino secco è quello di necessitare di poche irrigazioni (un paio all'anno).
La crescita delle piante, quindi, sarà rallentata. Ciò comporta altri vantaggi, tra cui:
Di contro, è bene tenere pulita la ghiaia da foglie o altri detriti che possono accumularsi.
Controllate con regolarità l'eventuale presenza di parassiti che possono attaccare le piante. Nel caso di segni di infestazione, intervenite in maniera tempestiva.
Seguendo questi accorgimenti, potete dare vita a un dry garden di grande impatto e sostenibile, contribuendo attivamente al risparmio idrico anche in giardino.
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