Le sentenze sulla libertà d'espressione, più nello specifico quelle che non reputano reato determinate affermazioni
Le sentenze sulla libertà d'espressione, più nello specifico quelle che non reputano reato determinate affermazioni, che genericamente potrebbero essere tacciate d'essere ingiuriose o diffamatorie, vanno sempre accolte con favore.
Va ricordato, infatti, che una cosa è il danno che il soggetto offeso può subire da determinate frasi (riparabile tramite azione civile), altra cosa il fatto penalmente rilevante e quindi il reato che lungi dall'essere posto a tutela della persona, è teso in realtà a punire per finalità pubbliche espressioni sconvenienti riguardanti fatti tra privati.
Si ribadisce un concetto, perché evitare confusione: non punire a livello penale non significa lasciare sguarnito di tutela chi ritiene che dall'offesa subita gli sia provenuto un danno.
Il danneggiato, infatti, come per qualunque altra azione penalmente irrilevante potrebbe agire civilmente ai sensi delle norme poste a tutela dei suoi diritti (es. art. 2043 c.c.):
in tal modo troverebbero altresì piena applicazione il principio di libertà d'espressione (contenuto tra l'altro nell'art. 21 Cost.) e quello prettamente penalistico che vede nel fatto reato l'ultima soluzione, ossia la risposta sanzionatoria più grave da applicare solamente quando gli altri livelli punitivi paiono insufficienti.
Il caso sotteso alla sentenza n. 3372 della Cassazione penale, depositata in cancelleria lo scorso 31 gennaio, si occupa proprio d'una fattispecie in cui le espressioni rivolte da un condomino contro un amministratore, tramite una comunicazione agli altri comproprietari affissa sulla bacheca presente nell'atrio dello stabile.
Che cosa diceva di preciso la condomina imputata?
In sentenza è riportato il testo del volantino affisso nel quale si legge: abbiamo la facciata del palazzo che sta cadendo a pezzi; gli intonaci del balcone ci cadono dentro mettendo a rischio noi adulti e i bambini di alcuni di voi; le scale sono sporche, i muri sono neri, per la pulizia del giardino dobbiamo provvedere noi stessi a chiamare qualcuno per farlo; paghiamo davvero tanto di condominio; ma noi non abbiamo un capocondominio che dovrebbe occuparsi di tutto ciò?; per chi non se lo ricordasse il suo nome è (...); se non vi ricordate il suo nome, non siete voi che avete problemi di memoria, è lui che è latitante; però i soldi nostri se li prende e come....per quello non è latitante vogliamo continuare cosi a farci prendere in giro, o cerchiamo una persona seria e competente?? personalmente voglio mandarlo via; ...e mi sto informando su altri capocondomini; però ci vuole la maggioranza di voi per mandarlo via; quindi se la pensate come me informatevi anche voi su capocondomini di vostra conoscenza che siano persone serie e competenti.
È sufficiente ciò per ritenere perpetrato il reato di diffamazione?
Secondo il giudice di merito no.Secondo la Cassazione, chiamata a pronunciarsi a seguito di ricorso dell'amministratore (persona offesa dal reato), nemmeno.In particolare gli ermellini pongono l'accento sulla distinzione tra diritto di cronaca, diritto di critica (concetto applicabile al caso in esame) e maggiore ampiezza di quest'ultimo.
Si legge in sentenza: il diritto di critica si differenzia da quello di cronaca essenzialmente in quanto il primo non si concretizza, come l'altro, nella narrazione di fatti, bensì nell'espressione di un giudizio o, più genericamente, di un'opinione che, come tale, non può pretendersi rigorosamente obiettiva, posto che la critica, per sua natura, non può che essere fondata su un'interpretazione, necessariamente soggettiva, di fatti e di comportamenti.
La scriminante in questione presuppone dunque, a differenza di quella del diritto di cronaca, un contenuto di veridicità più limitato; conformemente al diritto di cronaca, anche il diritto di critica trova l'ulteriore limite segnato dal rispetto dei criteri della rilevanza sociale della notizia e della correttezza delle espressioni usate (ved. tra altre Cass., 24 maggio 2002, P.G. in proc. Trevisan, CED Cass. n. 2219904).In aderenza a tali principi il giudice di merito ha sottolineato che, nel caso in esame, l'imputata aveva rivolto delle critiche all'operato dell'amministratore dello stabile, per le gravi carenze di manutenzione che l'immobile presentava, invitando gli altri condomini "attraverso l'affissione del volantino" ad attivare i loro poteri di controllo sull'amministratore.
Con tale condotta l'imputata non solo ha esercitato il proprio diritto di libera manifestazione del proprio pensiero, ma ha anche esercitato lo specifico diritto, quale condomino dello stabile amministrato da (...) , di controllare comportamenti dell'amministratore e di denunciarne eventuali riscontrate irregolarità (Cass. 31 gennaio 2011 n. 3372).
Ad ogni modo ed al di là del fatto che il contesto sia in grado di rendere penalmente rilevante o meno determinate affermazioni, sarebbe il caso di ripensare l'effettiva utilità sociale di determinati reati, che, lungi dal difendere una persona dal danno subito (la sanzione penale ripara ad un torto subito dalla collettività e quindi solo indirettamente dal singolo), pongono sostanzialmente una cappa sulla libertà di parola e quindi di pensiero degli individui.