I danni derivanti da comportamenti illeciti dei condomini non gli possono essere addebitati se non dopo una regolare sentenza di condanna.
Esiste un vecchio adagio che recita:
chi rompe paga e i cocci sono suoi! Il modo di dire
riguarda anche il condominio. Un
esempio. C'è condomino distratto e maldestro che ha l'abitudine di
poggiare la bicicletta nell'androne comune (cosa tra l'altro ma sopportata dai suoi vicini). Una sera, rientrando tardi a casa, si accorge che la
luce dell'ingresso è fulminata. Nonostante l'oscurità decide di
poggiare comunque la sua bici lì nell'androne ma non la ripone al solito posto, poggiandola proprio al di una specchiera posto vicino la cassetta postale. Durante la notte la bici, già in equilibrio precario, viene
scossa da un condomino che rientrato a casa un po' brillo, non se ne avvedeva. Il
velocipede, quindi, è andato a sbattere contro
lo specchio e l'ha rotto. La mattina seguente il portiere, avvedutosi del fatto, ha subito chiamato il
proprietario della bicicletta. Lui ha ammesso di averla poggiata lì vicino, ha spiegato il perchà ma
ha negato che fosse colpa sua il danno occorso.
Il vero colpevole, furbescamente, ha preferito rimanere nell'ombra. I condomini, nell'assemblea successiva, hanno deciso di
riparare lo specchio e, quindi, di
porre la relativa spesa a carico di Tizio, il condomino maldestro e, per loro, unico responsabile. Il fatto descritto è, naturalmente, inventato ma
ci offre lo spunto, anche per le sue peculiarità, di porci una domanda: è lecita la deliberazione assembleare che, sulla base del convincimento della maggioranza, addebiti la responsabilità di un fatto e quindi le spese a
chi è ritenuto responsabile? La risposta
è negativa. Il perchà lo spiega egregiamente una
sentenza del Tribunale di Modena. Si legge nel
provvedimento del giudice che
nel caso di danni causati da uno o più condomini alle parti comuni, l'assemblea condominiale non ha la competenza di attribuire i costi per le riparazioni a carico del soggetto ritenuto responsabile dell'evento lesivo. In tal caso o il soggetto chiamato a risarcire il danno presta corso volontariamente alla richiesta di risarcimento oppure sarà necessario promuovere una formale richiesta all'autorità giudiziaria affinchà emetta una corrispondente domanda. Ciò in quanto i poteri dell'assemblea sono limitati, ai sensi dell'art.1123 cc. al solo riparto delle spese tra tutti i condomini oppure ad una delibera di azione nei confronti dei condomini che abbiano dato causa alle spese medesime, ma non l'attribuzione diretta di spese a carico del condomino ritenuto responsabile delle stesse. Sarebbe quindi nulla la delibera con cui venisse statuita la responsabilità di una determinata spesa e la creazione di un titolo di pretesa creditoria nei confronti del presunto responsabile, rappresentando un tentativo di autotutela al di fuori dei poteri legali e dello schema legittimante di cui all'art.1123 c.c. (
Trib. Modena 7 marzo 2012 n. 458). Insomma per
le attribuzioni di responsabilità è sempre necessaria una causa o un riconoscimento espresso cui segua la dichiarazione di volontà di assumersi il debito. In definitiva:
il condomino maldestro avrebbe tutte le ragioni d'impugnare (prima attraverso un tentativo di conciliazione) la delibera che gli addossa i costi.