La crisi economica internazionale ha colpito anche il settore ceramico, uno dei comparti piu' importanti per il nostro Paese.
Il settore ceramico rappresenta un comparto molto importante per la nostra economia nazionale, se consideriamo che occupa circa 30.000 addetti, senza contare l'indotto, concentrato soprattutto nelle aree emiliano-romagnola e laziale.
La crisi economica internazionale, però, ha colpito in maniera particolare proprio questo campo. Infatti nel settore delle piastrelle ceramiche, solo nel periodo natalizio, sono stati posti in cassa integrazione circa 7.500 dipendenti, pari al 27% del totale degli occupati.
Nel distretto laziale di Civita Castellana, inoltre, ben 40 aziende su 44 e l'80% dei lavoratori impiegati sono attualmente interessati da ammortizzatori sociali.
Inoltre il mese di gennaio ha già registrato una forte flessione delle vendite, dovute al generale calo delle domande.
Tutto ciò ha reso necessario un incontro, tenutosi a Roma il 4 febbraio, tra il Presidente di Confindustria Ceramica, Alfonso Panzani, e il Ministro del lavoro e del Welfare, Maurizio Sacconi.
Nell'incontro sono stati valutati i diversi interventi possibili, e Panzani ha sottolineato la necessità di rinforzare gli ammortizzatori sociali, in particolare con l'allungamento della cassa integrazione ordinaria da 52 a 104 settimane, come misura necessaria per un periodo di difficile situazione congiunturale, nonché la necessità di intervenire sugli sgravi contributivi.
Dall'incontro è emersa anche la volontà di promuovere un tavolo settoriale con il Ministero dello Sviluppo Economico, nel quale esaminare l'evolversi della situazione e stabilire le misure necessarie per contrastare la crisi dell'intero settore ceramico.
Insomma, tutte le possibili soluzioni devono essere prese in considerazione, tenendo conto che, quello delle piastrelle ceramiche, è un settore d'eccellenza della nostra industria, che, in particolare negli ultimi anni, si sta distinguendo per qualità produttiva, rispetto dell'ambiente e delle maestranze e originalità del design, anche grazie al marchio collettivo Ceramic Tiles of Italy, creato da Assopiastrelle, che lo distingue da oltre 35 anni.
Attraverso il nuovo regolamento d'uso del marchio, presentato a Sassuolo lo scorso 5 febbraio, Confindustria Ceramica intende fornire una possibile risposta alle difficoltà del momento, attraverso la tutela e la valorizzazione delle ceramiche realizzate da fabbriche italiane e sollecitando la Commissione Europea ad imporre l'obbligo di indicazione di origine delle merci all'interno del mercato comune.
L'adeguamento del disciplinare di utilizzo del marchio è frutto di un percorso incominciato il 29 gennaio del 2008, con l'approvazione di una delibera con la quale il Consiglio Direttivo presentava l'invito alle aziende di indicare volontariamente l'origine della merce, al fine di impostare un rapporto più trasparente con i consumatori.
Il passaggio successivo è avvenuto lo scorso 4 ottobre, quando è stato approvato il Regolamento Attuativo, che prevedeva l'entrata in vigore nel 2009.
“Siamo in presenza di un passo storico per le imprese italiane della ceramica” ha dichiarato Alfonso Panzani nell'incontro tenuto con gli operatori dell'informazione “perché per la prima volta un settore industriale decide di delimitare con un marchio di origine le sole produzioni effettivamente realizzate in Italia. Questa scelta ha un valore strategico: tutelare il vero Made in Italy – quello nato dalle maestranze e dalle fabbriche italiane –, che è un valore importante e particolarmente apprezzato da parte dei consumatori di tutto il mondo”.
Prodotto di qualità vuol dire, per gli operatori italiani, non solo realizzazione di un prodotto di eccellente qualità dal punto di vista della manifattura e del design, ma anche rispetto dell'ambiente, con l'utilizzo di cicli di produzione di tipo sostenibile e con l'eliminazione di ogni possibile emissione tossica, e attenzione per la salubrità dei luoghi di lavoro.
La decisione di Confindustria Ceramica, quindi, è rivolta a colmare una lacuna normativa della Comunità Europea che non tutela, attraverso l'indicazione esplicita, l'origine dei prodotti messi in commercio, a differenza di quanto avviene in altri paesi del mondo.