Ove esistano servitù di passaggio a favore di altro edificio e vi siano autonomi condomini, spesso capita che col tempo sorgono contestazioni in merito alle modalità di esercizio.
Al momento della costruzione e vendita di una serie di edifici, tutti autonomi e tra loro separati, il costruttore impone alle parti comuni di uno di essi una servitù di passaggio a favore di altro edificio.
Successivamente gli edifici vengono acquistati e si costituiscono in autonomi condomini.
Nel corso del tempo sorgono contestazioni in merito alle modalità di esercizio di quella servitù.
Il conflitto diviene tale che risulta improcrastinabile un'azione giudiziaria tendente a fare chiarezza sulla vicenda. In casi del genere, ci si domanda spesso, a chi spetta la competenza a decidere e quindi ad intraprendere l'azione?
Sicuramente non all'amministratore.Questo, almeno, è il parere espresso in più occasioni dalla Corte di Cassazione.
Così, ad esempio, è stato affermato che l'amministratore non è legittimato all'esperimento di azioni reali contro i singoli condomini o contro terzi dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità, al contenuto o alla tutela di diritti reali dei condomini su cose o parti dell'edificio condominiale che esulino dal novero degli atti meramente conservativi (al cui compimento l'amministratore è autonomamente legittimato ex art. 1130 c.c. n. 4 cod. civ.) (sent. 3 aprile 2003 n. 5147), come è confermato da quelle norme (come, ad es. l'art. 460 c.c.) che, nel menzionare gli atti conservativi, escludono che fra di essi siano comprese le azioni che incidono sulla condizione giuridica dei beni cui gli atti stessi si riferiscono (sent. 24 novembre 2005 n. 24764) (cfr. Cass. 6 febbraio 2009 n. 3044).
Se non spetta all'amministratore, sulla base dei propri poteri, sarà compito dell'assemblea agire a tutela del diritto di servitù?
Anche sul punto la soluzione non è chiarissima.
Non può negarsi che l'esercizio del diritto incide sulla piena fruizione delle cose comuni ma l'assemblea, nella sua più generale competenza, può decidere sulla gestione e conservazione delle parti comuni ma non anche sui diritti reali ad essa inerenti.
D'altra parte la servitù non è costituita a favore del condominio ma dei singoli comproprietari o meglio delle unità immobiliari di loro proprietà.
Stando così le cose a chi spetta il diritto di agire per ottenere tutela?
Ogni condomino, in proprio o assieme ad altri potrà prendere l'iniziativa di far valere in giudizio le ragioni riguardanti la servitù.
Ci si potrebbe domandare: ma allora perché non può deciderlo l'assemblea se, poi, il gruppo può intraprendere quest'azione?
Il motivo è semplice: il gruppo decide solo per se stesso mentre la deliberazione assembleare è obbligatoria per tutti.