Il verbale di assemblea condominiale rappresenta la prova di ciò che è stato deliberato, delle dichiarazioni dei condomini e più in generale dello svolgimento dell'assemblea.
Di ogni deliberazione, tanto ci dice l'ultimo comma dell'art. 1136 c.c., si redige verbale tenuto dall'amministratore condominiale.
Con l'entrata in vigore della riforma, ossia della legge n. 220/2012, è prevista l'istituzione (sarebbe meglio dire l'istituzionalizzazione visto che nei fatti già esisteva) del così detto registro dei verbali.
Il verbale, quindi, rappresenta la prova di ciò che è stato deliberato, delle dichiarazioni dei condomini e più in generale dello svolgimento dell'assemblea.
Esso assume importanza fondamentale anche ai fini dell'impugnazione delle deliberazioni.
Come specificato dal terzo comma dell'art. 1137 c.c., il ricorso deve essere proposto, sotto pena di decadenza, entro trenta giorni, che decorrono dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti.
Il termine non riguarda le deliberazioni nulle che possono essere impugnate in ogni tempo.
Fondamentale, ai fini della possibilità dell'impugnazione da parte degli assenti, è la comunicazione del verbale d'assemblea.
E qui entra i gioco la privacy dei condomini:
a chi ed in che modo deve essere comunicato il verbale d'assemblea?
Secondo la Corte di Cassazione, che recentemente è tornata sull'argomento, le esigenze di funzionalità e di efficienza del condominio non possono considerarsi prevalenti sul diritto alla riservatezza e alla tutela dei dati (del condominio e) dei condomini (v. Cass., 4/1/2011, n. 186).
E per altro verso, che fondamentale rilievo assume al riguardo il rispetto dei c.d. principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza (art. 11 d.lgs. n. 196 del 2003).
A tale stregua le informazioni riportate nei prospetti contabili o come nella specie nei verbali assembleari debbono essere comunicati solamente agli aventi diritto alla relativa conoscenza, e cioè ai condomini (a prescindere ovviamente dal relativo numero).
Non anche, a chi non vi abbia viceversa interesse (arg. ex art. 25 d.lgs. n. 196 del 2003).
Deve pertanto evitarsi una relativa diffusione generalizzata, rivolta a soggetti indeterminati.
Incombe al riguardo all'amministratore del condominio adottare le opportune cautele per evitare l'accesso a quei dati da parte di persone estranee al condominio (v. Cass., 4/1/2011, n. 186) (Cass. 23 gennaio 2013, n. 1593).
Insomma se i condomini sono 2 o 200 cambia poco:
tutti possono, anzi hanno diritto, ad avere copia del verbale.
La comunicazione, però, dev'essere personale.
In pratica: niente affissione del verbale in bacheca se il suo contenuto è tale da poter ledere la privacy dei singoli condomini.
D'altronde come specificato dal Garante della Privacy nel 2006 integra un trattamento illecito (anche in violazione del principio di proporzionalità) la diffusione di dati personali effettuata mediante l'affissione di avvisi di mora (o, comunque, di sollecitazioni di pagamento) in spazi condominali accessibili al pubblico, potendo tali informazioni venire a conoscenza di una serie indeterminata di soggetti, nell'intervallo di tempo in cui l'avviso risulta visibile.
L'esposizione di dette informazioni in tali luoghi può contenere solo avvisi di carattere generale utili ad una più efficace comunicazione di eventi di interesse comune (ad esempio, inerenti allo svolgimento dell'assemblea condominiale o relative a comunicazioni urgenti: si pensi ad anomalie nel funzionamento degli impianti), rimettendo a forme di comunicazione individualizzata, o alla discussione in assemblea, la trattazione di affari che importi il trattamento di dati personali riferiti a condomini individuati specificatamente (Provv. 18 maggio 2006).