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Nel contesto della vita condominiale, la gestione delle spese rappresenta uno degli aspetti più delicati e controversi.
La contestazione delle spese condominiali avviene quando il condomino ritiene che la ripartizione delle stesse sia avvenuta in maniera scorretta.
Attraverso una lettera inviata formalmente all'amministratore di condominio, è possibile reclamare quanto si ritiene giusto, per poi procedere adendo le autorità competenti (tribunale), qualora non si pervenga ad una pacifica soluzione.
Il fondamento giuridico della ripartizione delle spese comuni trova la sua disciplina nell’articolo 1123 del codice civile, il quale enuncia un principio generale tanto chiaro quanto imprescindibile.
Più precisamente le spese necessarie per la conservazione e la manutenzione delle parti comuni, per l’erogazione dei servizi comuni e per l’attuazione delle innovazioni deliberate dall’assemblea, devono essere sostenute da ciascun condomino in misura proporzionale al valore della sua proprietà.
Tale valore viene comunemente espresso nelle tabelle millesimali, salvo diversa convenzione contrattuale stipulata tra tutti i partecipanti al condominio.
Il legislatore ha, tuttavia, previsto una modulazione del principio in casi particolari.
Quando l’oggetto della spesa riguarda beni o servizi utilizzati in maniera differenziata dai vari condomini – si pensi, ad esempio, all’ascensore o all’impianto di riscaldamento centralizzato – la ripartizione avviene in funzione dell’uso potenziale che ciascun condomino può farne.
Contestazione oneri condominiali - Getty Images
In maniera ancora più specifica, il terzo comma dello stesso articolo chiarisce che, qualora alcune strutture (come scale, cortili o lastrici solari) servano solo una parte del fabbricato, le relative spese devono gravare esclusivamente sui condomini che ne traggono effettiva utilità.
Non sempre, tuttavia, il singolo condomino si riconosce nella legittimità e correttezza della ripartizione.
Può accadere, infatti, che egli dissenta esplicitamente in sede di assemblea o, semplicemente, risulti assente al momento dell’approvazione della delibera.
In entrambi i casi, il nostro ordinamento gli riconosce la facoltà di contestare le spese condominiali, a patto che ciò avvenga nel rispetto di specifiche modalità e tempistiche.
La contestazione può riguardare tanto le spese di ordinaria amministrazione – quelle sostenute dall’amministratore per la gestione quotidiana dell’edificio – quanto quelle straordinarie, che implicano interventi eccezionali e richiedono il preventivo assenso dell’assemblea.
Per agire validamente, il condomino deve verificare la correttezza della ripartizione, iniziando dalla richiesta del bilancio consuntivo e delle tabelle dettagliate delle spese, per comprendere l’entità e la natura degli importi addebitati.
Particolare attenzione merita la verifica delle tabelle millesimali, la cui accuratezza e aggiornamento risultano decisivi per assicurare una ripartizione equa.
Inoltre, occorre distinguere – soprattutto in presenza di unità immobiliari locate – tra le spese a carico del proprietario e quelle spettanti all’inquilino, dato che questa distinzione può incidere sulla legittimità dell’addebito al condomino.
Il primo strumento a disposizione del condomino che ritenga erronea la ripartizione delle spese è il reclamo all’amministratore.
Si tratta di un atto formale, che assume la forma di una comunicazione scritta e motivata.
È opportuno che tale atto sia dettagliato, contenga i riferimenti al condomino mittente, l’indicazione dell’amministratore destinatario, la descrizione dei fatti e delle ragioni del dissenso, e infine le richieste avanzate.
La lettera deve essere trasmessa tramite mezzi che offrano prova della ricezione: si privilegia l’invio per raccomandata con ricevuta di ritorno o, in alternativa, la posta elettronica certificata.
Reclamo spese condominiali - Getty Images
È fondamentale rispettare il termine di trenta giorni per proporre tale contestazione, che decorre – per i condomini assenti – dalla ricezione del verbale assembleare, mentre per i presenti dissenzienti o astenuti il termine decorre dalla data della delibera.
Nel caso in cui il reclamo non produca effetti – per mancata risposta o per rigetto – il condomino può sollecitare la convocazione dell’assemblea per rimettere in discussione la decisione dell’amministratore.
In tale sede, i condomini potranno deliberare in senso conforme alla precedente decisione oppure adottare una nuova deliberazione che disattenda quella impugnata. Se la nuova decisione contrasta la prima, l’amministratore sarà tenuto ad adeguarsi.
Qualora, invece, l’assemblea confermi la delibera originaria, resta aperta la strada del ricorso al giudice.
L’articolo 1137 c.c. consente l’impugnazione delle delibere condominiali dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria quando queste siano contrarie alla legge o al regolamento di condominio, ovvero se ledano diritti soggettivi del singolo condomino.
Si tratta di un’azione che, per legge, può essere esercitata solo dopo avere attivato il tentativo obbligatorio di mediazione, ai sensi del decreto legislativo n. 28 del 2010.
In mancanza di una soluzione bonaria, dunque, il condomino ha facoltà di rivolgersi al tribunale civile, competente per territorio, che valuterà la legittimità dell’addebito contestato.
Ricorso spese condominiali - Getty Images
L’azione giudiziale potrà concludersi con l’annullamento della delibera impugnata, qualora il giudice riscontri che le modalità di ripartizione siano state adottate in violazione delle norme del codice civile, del regolamento condominiale o delle stesse tabelle millesimali.
È bene ricordare che non tutte le delibere condominiali sono impugnabili allo stesso modo.
Quando ci si trova di fronte a una delibera affetta da nullità, ovvero una decisione che presenta vizi talmente gravi da renderla inefficace fin dall’origine – come nel caso in cui vengano lesi diritti fondamentali dei condomini, oppure quando l’assemblea si pronunci su materie che esulano completamente dalle sue competenze – non esiste un termine di decadenza per impugnarla.
In altre parole, una delibera nulla può essere contestata in qualsiasi momento, anche a distanza di anni, proprio perché la sua invalidità è così profonda da non poter essere sanata con il semplice decorso del tempo.
Diversa, invece, è la situazione delle delibere meramente annullabili, ossia quelle adottate in violazione di regole procedurali o che presentano vizi meno gravi, come un’irregolare convocazione dell’assemblea o un errore nel calcolo delle maggioranze.
In questi casi, la legge prevede un termine ben preciso: l’impugnazione deve essere proposta entro 30 giorni, che decorrono dalla data in cui il condomino assente ha ricevuto copia del verbale, oppure – per i presenti dissenzienti – dalla data della delibera stessa.
Il sistema delineato dalla normativa codicistica e dalla giurisprudenza consolidata tende a garantire un equilibrio tra la volontà maggioritaria espressa in sede assembleare e il diritto individuale del condomino alla corretta ripartizione delle spese.
Laddove quest’ultimo ritenga di subire un’ingiustizia, dispone di un articolato ventaglio di strumenti di autotutela e di tutela giurisdizionale, attraverso cui far valere le proprie ragioni.
Diritto alla trasparenza - Getty Images
È quindi essenziale che ogni condomino conservi un ruolo attivo nella gestione della cosa comune, esercitando il proprio diritto di informazione e controllo e, se necessario, attivando i rimedi previsti dall’ordinamento per ristabilire l’equità nel sistema condominiale.
Contestare le spese condominiali non è solo un diritto, ma anche un dovere di responsabilità verso la collettività dei proprietari.
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