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La domanda che ci poniamo nel titolo sull'amministratore condominiale giudiziario, rappresenta un dubbio che molto spesso viene posto dai condomini.
Questione di non poco conto se si tiene conto dell'unico dato certo: a pagare il compenso dell'amministratore, comunque nominato, sono sempre soltanto i comproprietari delle unità immobiliari. Andiamo per ordine. Proponiamo due esempi.
Condominio con nove partecipanti: nomina dell'amministratore obbligatoria (art. 1129 c.c.). In assemblea non si riesce a trovare, sicché alcuni condomini chiedono al giudice di nominare un amministratore.
Secondo esempio. Condominio con otto partecipanti: nomina non obbligatoria. L'assemblea, pur essendo ormai necessario, non riesce a deliberare lavori di manutenzione straordinaria.
La soluzione alla situazione d'empasse sta nell'art. 1105, quarto comma, c.c. (dettato per la comunione ma applicabile anche al condominio in ragione di quanto disposto dall'art. 1139 c.c.), il quale recita: Se non si prendono i provvedimenti necessari per l'amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere alla autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore.
Si tratta di due ipotesi rispetto alle quali l'Autorità Giudiziaria competente (leggasi il Tribunale del circondario in cui è ubicato l'immobile) può svolgere un ruolo di supplenza, ossia sostituirsi alle assemblee, su sollecitazione di uno o più partecipanti.
In questo contesto, il Tribunale ascolta le ragioni delle parti, ossia dei condomini ricorrenti e di tutti quelli che (preventivamente informati a mezzo notifica) hanno preso parte all'udienza e nomina l'amministratore. Ed il compenso? Secondo la Corte d'appello di Bologna lo devono concordare le parti.
Si legge nel provvedimento della Corte felsinea che il rapporto tra l'amministratore nominato ai sensi dell' ultimo comma dell'art. 1105 c.c. e i partecipanti alla comunione deve essere inquadrato nell'ambito di quello privatistico di mandato: detto amministratore, infatti non assume la veste di amministratore giudiziario, essendo soltanto il soggetto indicato dall'autorità giudiziaria come persona qualificata ad amministrare in nome e per conto dei partecipanti alla comunione il patrimonio comune, stante l'impossibilità di costoro di provvedervi direttamente (cfr. Cass. 1596/1988).Da ciò consegue che il compenso per il mandatario - anche se nominato dall'autorità giudiziaria - deve essere determinato secondo le regole stabilite dall'art. 1709 c.c.; in caso di disaccordo, il diritto al compenso dovrà essere fatto valere nell'ambito di procedimento di cognizione davanti al giudice ordinario mediante l'esperimento di una normale azione di pagamento (App. Bologna 28 maggio 2009).
La sentenza è stata resa in materia di ricorso ex art. 1105 c.c. ma la somiglianza di materie fa si che non sorgano dubbi sull'applicabilità dei principi espressi anche all'art. 1129 c.c. E se non c'è accordo sul compenso? A quel punto lo decide un giudice: sul punto non lascia adito a dubbi l'art. 1709 c.c.
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