È usuale che nei regolamenti condominiali ci si imbatta nella clausola che recita: vietata la detenzione di animali domestici. Un'indubbia limitazione del diritto d'uso della propria unità immobiliare.
È usuale che nei regolamenti condominiali ci si imbatta nella clausola che recita:
È vietata la detenzione di animali domestici.
Non c'è che dire: un'indubbia limitazione del diritto d'uso della propria unità immobiliare.
Ciò che spesso ci si chiede è se questa clausola sia sempre valida o se, invece, alle volte possa considerarsi inefficace.
Al riguardo, inserendosi nell'alveo del proprio consolidato orientamento, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3705 del 15 febbraio 2011, ha ribadito che una simile limitazione è valida solamente allorquando la stessa sia contenuta in un regolamento condominiale d'orgine contrattuale.
Al fine d'inquadrare al meglio la vicenda è utile rammentare che solitamente si distinguono due tipologie di statuto del condominio;
a) il regolamento assembleare, ossia quello votato con le maggioranze prescritte dall'art. 1138 c.c. il cui contenuto deve essere limitato alle prescrizioni contenute nel primo comma dell'articolo testé citato;
b) il regolamento contrattuale che è quello adottato con il consenso di tutti i condomini (sul punto è indifferente se siano stati essi stessi a predisporlo o magari sia stato redatto dall'originario unico proprietario dell'edificio).
Solamente quest'ultimo tipo di regolamento può contenere norme che limitano il diritto d'uso delle unità immobiliari di proprietà esclusiva e delle parti comuni.
La ragione è molto semplice: salvo eccezionali casi previsti dalla legge, il diritto di proprietà può essere compresso solamente con l'esplicito consenso del suo titolare.
Per il possesso di animali (e più nello specifico di animali domestici) non si fa eccezione a questa regola.
Nel caso trattato dalla sentenza citata in principio il divieto di detenzione era contenuto in un regolamento di origine assembleare.
Secondo la Suprema Corte, che si ribadisce anche in quest'occasione s'è uniformata al proprio consolidato orientamento, si trattava di una disposizione illegittima in quanto le clausole del regolamento condominiale che impongono limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà incidono sui diritti dei condomini, venendo a costituire su queste ultime una servitù reciproca (Cass. 13164/2001); ne consegue che tali disposizioni hanno natura contrattuale, in quanto vanno approvate e possono essere modificate con il consenso unanime dei comproprietari, dovendo necessariamente rinvenirsi nella volontà dei singoli la fonte giustificatrice di atti dispositivi incidenti nella loro sfera giuridica: certamente, tali disposizioni esorbitano dalle attribuzioni dell'assemblea, alla quale è conferito il potere regolamentare di gestione della cosa comune, provvedendo a disciplinarne l'uso e il godimento.
Ciò posto, il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati dalla maggioranza dei partecipanti, non potendo detti regolamenti importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato appartenenti ad essi individualmente in esclusiva (così Cass. 15 febbraio 2011 n. 3705).