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Quello dello spazio minimo vitale è un argomento che è sempre stato attuale.
Sin dai tempi più antichi l'uomo ha sempre cercato di organizzare il suo spazio nel modo più funzionale possibile, partendo proprio da ambienti minimi, che contenevano tutte le funzioni insieme.
Col tempo poi lo spazio si è ampliato e si è cercato di dare a ogni funzione il suo ambiente. Tuttavia, negli ultimi due secoli si è assistito a un nuovo interesse per gli spazi minimi.
La tiny house è solo il punto di arrivo di una serie di studi condotti nel corso del tempo per arrivare a una casa piccola, una casa minima ma che possa soddisfare tutte le esigenze dell'uomo.
Le motivazioni di questo rinnovato interesse per le case piccole sono varie.
In primis possiamo parlare oggi di necessità di risparmio di risorse, prima tra tutti la risorsa suolo che, soprattutto in città, scarseggia. Proprio questo porta a realizzare degli edifici sviluppati principalmente in altezza, ma anche alla ricerca di nuove soluzioni che riducano proprio lo spazio a quello strettamente necessario.
La parola d'ordine più inflazionata in questo momento è sostenibilità e anche di questo si tratta.
È risaputo che l'edilizia è l'ambito in cui consumiamo più risorse ed è il più energivoro che ci sia. Una casa piccola riduce i consumi energetici, gli sprechi, i materiali per realizzarla e anche da smaltire eventualmente a fine vita. Insomma, una casa minima ha un'impronta molto ridotta.
Spesso, come vedremo, le case minime progettate sono anche volte all'autosufficienza energetica e questo è sicuramente un ulteriore punto a loro favore.
Un altro argomento molto trattato nell'era post Covid-19 è la flessibilità e adattabilità degli spazi. Ciò perché la casa ha assunto significati ben più ampi di quelli del semplice abitare. La casa è diventata luogo del lavoro, dello smart working appunto, dello studio, dei viaggi virtuali, spesso dell'attività fisica e sala cinema in certi casi.
Le case minime sono per lo più case prefabbricate caratterizzate dalla modularità e dalla possibilità di trasformazione per sopperire a tutte le esigenze.
Sono moduli utilizzabili per lavorare o per svolgere tutte le attività quotidiane, dormire e mangiare in primis.
Già prima della pandemia il modello della tiny house si stava molto diffondendo soprattutto nei paesi anglosassoni. Il sogno di essere nomadi portandosi la casa dietro era tra i desiderata per molti, che ormai non avevano più nemmeno tanta voglia di sobbarcarsi mutui pluriennali, tasse e alte spese di gestione.
In questo momento poi, viaggiare è diventato più difficile e avere una casa con ruote è una possibilità ancora più allettante.
Dalla capanna alle unità modulari mobili che trovano la loro massima espressione nei camper e nelle unità minime da campeggio, l'idea alla base è sempre la stessa: concentrare tutto il necessario in pochi metri quadrati.
Dagli inizi del ‘900 anche grandi architetti hanno provato a pensare a soluzioni del genere.
Primo tra tutti Le Corbusier, che nel 1923 progettò La petit maison, Ville Le Lac sul lago Corseaux in Sbizzera per i suoi genitori.
Si tratta di una casa ancora di 64 mq, che non sono pochi, ma in cui tutto viene concentrato con funzioni connesse a spazi strettamente necessari.
Un unico fabbricato di 16x4 m sviluppato su un unico livello contiene: soggiorno, camera da letto, sala da bagno, salotto, cucina, lavanderia e guardaroba.
Per Le Corbusier la casa è una macchina per abitare e come tale ha una funzione meramente utilitaristica che ben si esprime in questo progetto.
Nel 1951 Le Corbusier ci riprova, costruendo per se stesso una casa di soli 15 mq: il Cabanon. Anche in questo caso, anzi ancora di più, date le dimensioni, si tratta di una casa minima, in legno, costruita in Costa Azzurra e dove l'architetto morì.
Anche qui era contenuto in poco spazio tutto l'essenziale: due letti, un tavolo, un lavandino e un gabinetto.
Forse proprio a questa si sono ispirate le case minime progettate negli anni successivi.
Uno di quelli che ha tratto ispirazione dal Cabanon è Renzo Piano, che nel 2013 ha realizzato per Vitra la casa prefabbricata minima Diogene, così chiamata per la sua autosufficienza.
Si racconta, infatti, che il filosofo greco vivesse in una botte, uno spazio essenziale da cui era bandito il superfluo.
Diogene è una casa di 4 mq, energeticamente autosufficiente e con tutto quanto può servire a due persone. Ha dei pannelli fotovoltaici sufficienti anche per il riscaldamento e un sistema di ricircolo dell'acqua piovana.
Nel 2016 alla Biennale di Architettura di Venezia comparvero alcuni esempi di case minime.
Tra questi Full Fill Home di Anupama Kundoo, una casa prefabbricata formata da pannelli in ferrocemento con cui in soli sei giorni si può completare l'edificio.
Un vantaggio delle minicase e delle case prefabbricate in generale è proprio dato dalla velocità di realizzazione, in quanto i vari pezzi arrivano sul posto già pronti per essere assemblati, con riduzione di sprechi di materiale e di tempo e soprattutto riduzione di costi.
Full Fill Home è una casa composta da una somma di scatole aperte che sono struttura e contenitori allo stesso tempo, per ospitare tutto quanto necessario agli abitanti, dai vestiti agli elettrodomestici.
Altro esempio proveniente sempre da questa manifestazione è il sistema Gomos, progettato dal gruppo portoghese Summary. Si tratta di un sistema prefabbricato in cemento, modulare e scalabile e utilizzabile per le più svariate esigenze, di lavoro, residenziale o anche espositivo.
Anche qui ogni modulo arriva già pronto in cantiere, con tutto quanto necessario, compresi gli impianti tecnologici e gli infissi.
Recenti sono anche altri due esempi: la Mima House e la recentissima Minima.
Mima House è del 2012 ed è stata progettata proprio da Mima Architects, anch'essi portoghesi, per rispondere alle esigenze sempre più sofisticate delle nuove generazioni, sempre in cerca di cambiamento e di reversibilità, flessibilità e sostenibilità.
L'ispirazione in questo caso parte dalla casa giapponese e ha portato ad un'abitazione di 36 mq che costa quanto una automobile di fascia media.
Si tratta anche qui di una casa prefabbricata sviluppata su pianta quadrata e chiusa da pannelli di vetro e legno. In aggiunta per l'interno ci sono pannelli di compensato che possono essere posizionati come si vuole, seguendo la griglia di partenza, personalizzando così lo spazio in base alle esigenze.
Ultima, ma solo in ordine cronologico, è Minima, degli architetti australiani del gruppo Trias.
Siamo proprio nel 2021 e troviamo una casa costruita su una superficie di appena 20 mq, in cui sono concentrate tutte le funzioni e i comfort. Ovviamente questo è il modulo minimo.
I progettisti hanno previsto varie declinazioni di Minima, in modo da poterla adattare ad essere una abitazione, uno studio o un ibrido tra i due.
Il layout della casa si sviluppa attorno a blocchi e ad un sistema di stoccaggio intelligente, ossia armadi, scaffali e cassetti che corrono tutti lungo le pareti, lasciando spazio aperto nella parte centrale.
I servizi sono tutti compattati su un lato, con cucina e bagno disposti l'uno alle spalle dell'altro.
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