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È possibile aprire una casa di riposo per anziani all'interno di un condominio? Il regolamento lo può vietare?
La sentenza della Corte di Cassazione n. 11069 del 14 maggio 2018 si è occupata dell'argomento.
Si tratta dell'ennesimacontroversia nata in condominio dal conflitto in merito alla legittimità di un'iniziativa di tipo imprenditoriale da svolgersi all'interno del condominio, appunto.
Ai più frequenti casi riguardanti l'ammissione dell'attività di bed and breakfast e pizzeria e a più rari riguardanti asili nido, studi professionali e chi più ne ha più ne metta, si aggiunge ora il caso della casa per anziani.
Come possiamo notare tutti la residenza per anziani risponde a una necessità sempre più diffusa, con l'invecchiamento della popolazione. Ai tradizionali edifici immersi nella campagna o situati in periferia si aggiungono quelli in pieno centro, più comodi per gli anziani che, se in buona salute, possono continuare a vivere la propria città, e per i loro parenti, se vivono in città.
C'è chi piuttosto che un intero edificio, al pari di tanti alberghi, pensa di dedicare all'attività solo una parte dello stesso, come appunto è accaduto nella controversia di cui stiamo per trattare.
Si tratta di un'idea più moderna di casa di riposo, che forse potrebbe contribuire a mantenere chi vive nella casa di riposo integrato nel tessuto sociale, consentendogli di tessere rapporti e di svolgere attività anche al di fuori della casa di riposo (sempre che, come abbiamo detto, egli sia in buona salute).
Un'idea interessante, quindi: per chi la realizza, una collocazione e una gestione (essendo ij parte affidata al condominio) meno costosa (per quanto in centro, dove i costi sono mediamente alti), rispetto a quella in un intero edificio all'uopo dedicato, e per l'utenza del servizio, meglio fruibile.
Tutto questo, però, deve fare i conti con quanto stabilito dalle regole condominiali.
A proposito di regolamento condominiale, prima di proseguire con l'analisi della sentenza, ricordiamo che nell'ambito della vita in condominio i condòmini possono darsi, tra l'altro, alcune regole volte a limitare le facoltà d'uso (delle parti comuni e) delle unità di proprietà esclusiva.
Tali regole, se accettate da tutti, sono valide; dette regole devono essere contenute in un regolamento di condominio di tipo contrattuale e cioè, sostanzialmente, accettato dai vari condòmini.
Il regolamento deve comunque rispettare alcuni paletti: esso non può quindi, a norma dell'art. 1138 c.c. (co.4) menomare i diritti di ciascun condomino, come risultanti dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, nè può derogare alle disposizioni degli articoli 1118, co.2, che vieta la rinuncia del condòmino al suo diritto sulle parti comuni, 1119, che disciplina a divisione delle parti comuni, 1120, che disciplina le innovazioni, 1129, dedicato alla nomina, alla revoca ed agli obblighi dell'amministratore, 1131, riguardante la rappresentanza, 1132, sul dissenso dei condòmini rispetto alle liti, 1136, sulla costituzione dell'assemblea e la validità delle deliberazioni, e 1137, sull'impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea.
Non sempre è agevole interpretare le clausole limitative deile facoltà d'uso delle parti comuni e individuali contenute nel regolamento condominiale.
Ed è soprattutto da tale difficoltà interpretativa che sorgono spesso le cause giudiziarie: ecco, infatti, per superare la situazione di empasse, diviene necessario rivolgersi al giudice.
Così è accaduto, come stiamo per vedere, nel giudizio deciso dalla sentenza in commento, di cui anticipiamo subito la soluzione: la sentenza dice che sì, nel divieto previsto dal regolamento condominiale è inclusa anche la casa di riposo per anziani.
Ma, lo ricordiamo, la regola non è generale, ma solo ricavata dalla lettura del regolamento medesimo.
Vediamo ora come si giunge a tale conclusione.
Succedeva che un condominio si rivolgeva al tribunale per ottenere l'ordine di cessazione dell'attività di comunità alloggio per anziani gestita da due condòmini (una persona fisica e la cooperativa da essa rappresentata) nelle rispettive unità immobiliari, per violazione delle prescrizioni contenute nel regolamento condominiale.
In particolare, il regolamento prevede l'obbligo di destinare gli appartamenti ad uso di civile abitazione o di studi o uffici professionali privati, ed il divieto di adibire gli stessi a stanze ammobiliate d'affitto, pensioni e locande.
Tutto ruota quindi intorno alla interpretazione della detta clausola.
Mentre, infatti, secondo il condominio la casa di riposo rientra nel divieto, così non è per le parti resistenti.
La domanda del condominio viene accolta dal tribunale, che qualifica la casa di risposo come:
struttura ricettiva socio assistenziale qualificabile come di tipo residenziale (e non di civile abitazione) (Cass. n. 11609/2018)
ma i soccombenti non si arrendono, e proseguono la battaglia fino, appunto, al grado di legittimità.
I giudici, però propenderanno tutti per l'interpretazione fornita dal condominio.
In grado di legittimità, lo ricordiamo, si può essenzialmente verificare dunque la conformità a diritto della decisione impugnata, i giudici ritengono che l'interpretazione data dalla Corte di Appello sia corretta; in particolare, ricorda la sentenza in commento, nel caso di controversie circa l'interpretazione di clausole contenenti il divieto di destinare gli immobili a determinati usi, l'intervento della Corte di legittimità può sindacare solo la violazione delle regole di ermeneutica.
Sul punto specifico, i giudici ritengono dunque che l'interpretazione di una clausola del regolamento condominiale, che prescrive di adibire gli appartamenti ad uso di civile abitazione o di studi o uffici professionali privati, e vieta di destinare gli stessi a stanze ammobiliate d'affitto, pensioni e locande, come diretta a consentire le sole abitazioni private, e non anche l'uso ad abitazioni collettive di carattere stabile, quali le residenze assistenziali rivolte agli anziani, in forma di case di riposo, case famiglia o anche comunità alloggio.
Non risulta nè contrastante con il significato lessicale delle espressioni adoperate nel testo negoziale, nè confliggente con l'intenzione comune dei condomini ricostruita dai giudici del merito, nè contraria a logica o incongrua, rimanendo comunque sottratta al sindacato di legittimità l'interpretazione degli atti di autonomia privata quando il ricorrente si limiti a lamentare che quella prescelta nella sentenza impugnata non sia l'unica possibile, nè la migliore in astratto (Cass. n. 11609/2018)
Infine, aggiunge la sentenza:
il dato che le comunità alloggio per anziani debbano possedere i requisiti edilizi previsti proprio per gli alloggi destinati a civile abitazione non contrasta con la diversa considerazione che le medesime comunità alloggio si connotano come strutture a ciclo residenziale, le quali prestano servizi socioassistenziali ed erogano prestazioni di carattere alberghiero (Cass. n. 11609/2018).
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