|
Quando si parla di caldaie è bene subito chiarire che l'installazione di una caldaia con lo scarico a parete è vietata dalla legge. Come vedremo in seguito, vi sono alcune eccezioni che sono disciplinate in maniera rigorosa.
Al di fuori di questi casi specifici lo scarico della caldaia deve essere collocato sul tetto.
Andiamo con ordine e partiamo esaminando la normativa di riferimento in materia.
Con la legge 90/2013 è stato sancito che, a partire dal 31 agosto 2013 se si installa o si sostituisce una caldaia lo scarico dei condotti di evacuazione deve essere collocato sul tetto e non sulla parete dell'edificio.
Viene dunque prevista l'obbligatorietà dello scarico sul tetto a prescindere dalla tipologia di edificio in cui è stata installata la caldaia.
L'obiettivo della normativa sopra indicata è ben preciso ed è connesso al fatto che, a causa della combustione, le caldaie rilasciano sostanze tossiche per l'organismo umano. L'ossido di azoto e le polveri sottili che vengono emesse hanno l'effetto di inquinare l'aria e nuocere alla salute.
È chiaro che una caldaia con scarico a parete provoca effetti maggiormente nocivi.
Per trovare un compromesso tra le varie esigenze la legge ha imposto che, in caso di installazione di una caldaia, i fumi dannosi devono essere rilasciati sul tetto.
Ci sono tuttavia alcune eccezioni, come in presenza di caldaie a condensazione.
Nel rispetto di alcune condizioni lo scarico a parete in caso di caldaia a condensazione risulta, almeno sulla carta, consentito.
Nella realtà dei fatti, ad ogni modo, non sempre si rivela una soluzione percorribile quando vi sono altri interessi in gioco, come la salute.
In base a quanto previsto dalla Legge 90 del 2013 e dal D.Lgs. 4 luglio 2014, n. 102, ci sono alcune circostanze nelle quali è permesso installare una caldaia con lo scarico a parete. Vediamo di seguito:
Altro caso in cui è giustificata una deroga allo scarico a tetto è che si effettui una ristrutturazione di impianti termici individuali già esistenti, situati in edifici plurifamiliari, qualora nella versione iniziale non dispongano già di camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti della combustione con sbocco sopra il tetto dell'edificio, ritenuti adeguabili all'installazione di apparecchi a condensazione.
Per poter accedere alle deroghe sopra indicate la caldaia a condensazione a camera stagna aperta deve rispettare anche dei requisiti tecnici di rendimento minimi.
Alle regole sopra riportate si aggiunge il rispetto della norma UNI 7129/2015 che prescrive delle specifiche distanze da mantenere nel posizionare il terminale dello scarico.
Tali norme prescrivono, per balconi e finestre, delle distanze minime che devono essere rispettate, in particolare se vi sono balconi praticabili.
Se ci troviamo in condominio i criteri che ammettono le deroghe sono ovviamente più stringenti. Un conto è una caldaia a condensazione posta in una casa isolata, altro è una caldaia a condensazione con scarico a parete situata in un contesto condominiale.
La norma tecnica deve conciliarsi con il contesto in cui è collocata la caldaia e dunque con le norme a tutela del buon vicinato e delle regole vigenti all'interno della compagine condominiale.
Lo scarico a parte, sia pure nei casi in cui possa definirsi lecito, crea non pochi problemi tra vicini. Soccorre a tal fine, per chi si trova costretto a subire i fumi provenienti da una caldaia a condensazione certificata dall'installatore, l'articolo 844 codice civile.
La norma disciplina il caso di intollerabilità dei fumi ed esalazioni nocive provenienti dallo scarico situato sul tetto.
Afferma infatti che il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.
In tale fattispecie il Giudice nel decidere se inibire o meno l'attività dannosa dovrà contemperare le esigenze di chi propaga i fumi molesti con le ragioni del proprietario che si ritiene leso.
Nel momento in cui si instaura un giudizio civile si deve tener presente che il Giudice, nelle sue valutazioni, non è vincolato dalla normativa tecnica e può emettere provvedimenti maggiormente restrittivi nell'interesse di beni superiori.
Può giungere a un giudizio di intollerabilità tenendo conto dei criteri civilistici e della particolarità della situazione concreta.
|
||