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Che fine ha fatto il bonus sicurezza e videosorveglianza della legge di stabilità 2016?
Semplicemente, è stata, per quanto bella, una meteora.
Vediamo di cosa si trattativa e come si può oggi sopperire alla mancanza.
Cos'era dunque il cosiddetto bonus sicurezza e videosorveglianza?
La legge di stabilità per il 2016 (L. 208/2015) all'art.1, co. 982 aveva previsto un credito d'imposta ai fini dell'imposta sul reddito (nel limite totale di 15 milioni di euro per il 2016) per le spese sostenute - da persone fisiche al di fuori dell'esericizio dell'attività di lavoro autonomo o di impresa – per l'installazione di sistemi di videosorveglianza digitale o allarme, o connesse alla stipula di contratti con istituti di vigilanza; spese che dovevano essere - ma ci sembra pleonastica la precisazione operata dalla legge - «dirette alla prevenzione di attività criminali».
La norma prevedeva poi l'emanazione di un decreto ministeriale, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di stabilità, per la definizione dei criteri e delle procedure per l'ottenimento del beneficio, nonché per il recupero del medesimo nei casi di fruizione illegittima, nonché le ulteriori disposizioni finalizzate al mantenimento della spesa nei 15 milioni di cui sopra.
Quel decreto ministeriale, è stato pubblicato nella GU del 22.12.2016.
Con il D.M. innanzitutto, veniva chiarito che l'agevolazione valeva solo per le spese sostenute nel 2016 (la legge di stabilità si era riferita al 2016 solo indicando il limite complessivo entro cui doveva ammettersi il credito d'imposta).
L'ambito temporale del beneficio era quindi delimitato al 2016.
E l'ambito temporale è rimasto tale anche con le successive leggi di bilancio, che non hanno previsto alcunché riguardo al bonus in parola.
Come già detto, si doveva trattare di spese sostenute al di fuori attività di impresa o di lavoro autonomo, a meno che, aggiungeva il decreto, esse non si riferissero ad un immobile adibito «promiscuamente all'esercizio d'impresa o di lavoro autonomo e all'uso personale o familiare del contribuente»; in tal caso il credito era riconosciuto, ma ridotto della metà.
Per ottenere il credito d'imposta, chi rientrava nella categoria indicata dalla norma doveva inviare per via telematica un'istanza all'Agenzia delle Entrate.
Nell'istanza i soggetti richiedenti dovevano indicare l'importo delle spese agevolabili sostenute nel 2016.
Sulla base del rapporto tra risorse stanziate e richieste pervenute, l'Agenzia delle Entrate avrebbe individuato la percentuale massima spettante a ciascun richiedente come credito d'imposta.
Il decreto poi rispondeva ad uno dei quesiti più diffusi posti dalla norma - quello riguardante la cumulabilità tra il beneficio in questione e le altre agevolazioni di natura fiscale riguardanti le stesse spese - e la risposta era no, non era cumulabile.
Il credito d'imposta doveva essere indicato nella dichiarazione dei redditi per il 2016 ed era utilizzabile in compensazione (ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241).
A tal fine, il modello F24 utilizzato per il pagamento doveva essere presentato esclusivamente tramite i servizi telematici offerti dall'Agenzia delle Entrate; in alternativa, le persone fisiche non titolari di redditi d'impresa o di lavoro autonomo (dunque non coloro che chiedevano di usufruire del beneficio con riferimento ad immobili utilizzati promiscuamente («all'esercizio d'impresa o di lavoro autonomo e all'uso personale o familiare del contribuente») potevano utilizzare il credito spettante in diminuzione delle imposte dovute in base alla dichiarazione dei redditi.
Il credito d'imposta eventualmente non utilizzato avrebbe potuto essere fruito nei periodi di imposta successivi.
Naturalmente, se l'Agenzia avesse accertato la non spettanza dell'agevolazione, avrebbe proceduto al recupero dell'importo.
È stato poi emesso l'annunciato provvedimento dell'Agenzia delle entrate (il n. 33037 del 14 febbraio 2017, riguardante «Modalità e termini di presentazione dell'istanza»).
Il provvedimento specificava il contenuto che doveva avere l'istanza, prevedendo che ai fini della richiesta di attribuzione del credito d'imposta, i beneficiari erano tenuti a comunicare all'Agenzia delle Entrate: il proprio codice fiscale, il codice fiscale del fornitore del bene o servizio, le fatture (numero, data e importo comprensivo dell'iva) relative ai beni e servizi acquisiti, specificando se la fattura è relativa ad un immobile «adibito promiscuamente all'esercizio d'impresa o di lavoro autonomo e all'uso personale o familiare del contribuente».
L'istanza poteva essere presentata solo in via telematica direttamente da parte dei soggetti abilitati o tramite i soggetti incaricati (di cui ai commi 2-bis e 3 dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322), come ad es. i commercialisti.
Per ogni istanza inviata, il sistema avrebbe rilasciato relativa ricevuta.
Era ammesso l'invio di un'unica richiesta (riguardante tutte le spese sostenute nel 2016).
Nel caso di invio di più istanze da parte di uno stesso soggetto, sarebbe stata ritenuta valida l'ultima istanza presentata.
Come previsto dal decreto, il provvedimento individuava anche il periodo nel quale si poteva presentare l'istanza e cioè dal 20 febbraio al 20 marzo 2017.
Il credito d'imposta maturato poteva essere utilizzato solo in compensazione per il pagamento delle imposte (ai sensi dell'art. 17 del D. Lgs. n. 241/1997), presentando il modello F24 esclusivamente tramite i servizi telematici dell'Agenzia delle entrate.
Chi non era titolare di reddito d'impresa o di lavoro autonomo poteva utilizzare il credito anche in diminuzione delle imposte dovute in base alla dichiarazione dei redditi.
Ecco un link al pieghevole dell'Agenzia delle entrate sul beneficio.
Come anticipato, le leggi di bilancio successive a quella del 2016 non hanno confermato il credito d'imposta in parola.
Il beneficio dunque, previsto espressamente per il 2016, non esiste dal 2017 al 2019.
Cosa si può fare allora se si sostengono spese del genere dopo il 2016?
Una soluzione c'é: permangono, infatti, le detrazioni previste per le ristrutturazioni.
Quanto alle detrazioni per ristrutturazioni, il beneficio, previsto senza limite temporale, (ex art. 16-bis, DPR 917/1986) consiste nella detrazione dall'imposta lorda pari al 36% delle spese sostenute, fino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 48.000 euro per unità immobiliare.
Tuttavia, da un po' di anni a questa parte, come molti sspranno, in virtù di norme con vigenza limitata nel tempo, la percentuale è salita al 50% e l'ammontare complessivo delle spese è salito a 96.000euro, salvo le eccezioni espresse.
Tornando al discorso, ricordiamo che l'art.1 lett.f, D.P.R. n. 917/1986 ammette al beneficio della detrazione – tra gli altri - gli interventi relativi «all'adozione di misure finalizzate a prevenire il rischio del compimento di atti illeciti da parte di terzi».
In questo caso sono ammesse ad es., le spese sostenute per:
installazione di rilevatori di apertura e di effrazione sui serramenti; fotocamere o cineprese collegate con centri di vigilanza privati; apparecchi rilevatori di prevenzione antifurto e relative centraline (Guida dell'Agenzia delle Entrate 2019).
Nella guida dell'AdE sono espressamente escluse le spese sostenute per stipulare il contratto con l'istituto di vigilanza.
Inoltre, è stato chiarito che in questo caso, per atti illeciti si intendono quelli penalmente rilevanti.
Naturalmente, data l'esclusione - nel provvedimento dell'Agenzia delle Entrate - della cumulabilità tra il beneficio in parola ed altri riguardanti le stesse spese, per il 2016 per il 2016 si poteva usufruire, avendone i requisiti, dell'uno o dell'altro (non di entrambi).
Ricordiamo inoltre che gli impianti di sicurezza rientrano nell'elenco dei beni significativi, cioè di quei beni la cui cessione, (nell'ambito di interventi di manutenzione su immobili residenziali e solo in caso di appalto) è soggetta all'aliquota iva del 10% fino a concorrenza della prestazione, al netto del valore dei beni stessi.
Altri interventi utili ad assicurare la sicurezza possono godere della detrazione per riqualificazione energetica: ad es., l'installazione di portoni può godere anche della detrazione per riqualificazioni energetiche qualora vi sia l'attestazione dei requisiti di transmittanza; per tale intervento la detrazione per riqualificazioni energetiche fino al 31 dicembre 2019 dovrebbe essere secondo chi scrive pari al 50%: infatti, per le finestre, cui i portoni sono stati equiparati con la circ. 21/2010, dal 2018 la percentuale è stata abbassata al 50%; all'atto pratico sarebbe comunque opportuno avere una conferma dell'effettiva detrazione mediante la proposizione di con un interpello all'AdE.
Anche in questo caso è obbligatoria la scelta tra un beneficio fiscale e l'altro, non essendo, le detrazioni per ristrutturazioni e quelle per riqualificazioni energetiche, cumulabili.
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