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Lo sconto in fattura, come noto, è una modalità alternativa di fruizione dei bonus casa e, in particolare, dei bonus edilizia, come la cessione del credito.
Si tratta di una modalità alternativa rispetto alla detrazione diretta, ovverosia all’utilizzo del beneficio fiscale in quote annuali in ciascun periodo di imposta per ridurre il carico fiscale.
Generalmente si opta per lo sconto in fattura nel caso di incapienza, ovverosia nel caso in cui l’imposta lorda, che si è tenuti a versare all’Erario, risulti inferiore alle detrazioni conseguenti all’esecuzione dei lavori agevolabili e, pertanto, risultano non utilizzabili.
Altri casi, in cui risulta generalmente più conveniente optare per lo sconto in fattura, si realizza allorquando il contribuente sia soggetto passivo d'imposta determinata forfettariamente.
A differenza della cessione del credito, lo sconto in fattura comporta per il beneficiario del bonus edilizio, l’esecuzione di un numero di adempimenti certamente minore e meno gravoso rispetto alla cessione del credito.
L’impresa che esegue l’intervento attua lo sconto direttamente in fattura e acquista il diritto di portare in detrazione dalle imposte il credito maturato a seguito dell’intervento o di cederlo a terzi.
In assenza di problematiche, qualora il credito maturato sia stato utilizzato, l’operazione si conclude.
Ma cosa accade nel caso in cui lo sconto fattura non sia stato utilizzato, a esempio, per mancanza dei presupposti?
Tale quesito è stato posto da una impresa contribuente, con istanza di interpello, a cui ha fornito chiarimento l’Agenzia delle entrate, con la risposta a interpello 5 dicembre 2022, n. 581.
Il parere vincolante, fornito dall’Agenzia, seppur reso in materia di Superbonus, si ritiene applicabile anche con riferimento agli altri bonus edilizi attualmente vigenti.
Tale circostanza trova conferma nel rinvio operato all’istanza di interpello 20 luglio 2022, n. 385.
È bene chiarire che, per l’Amministrazione, si tratta di un errore di facile risoluzione che non comporta conseguenze di particolare rilevanza da un punto di vista fiscale.
La questione sottoposta all’attenzione dell’Amministrazione finanziaria riguarda una fattura emessa dall’impresa che riporta uno sconto, di fatto successivamente non esercitato.
È utile ripercorrere brevemente i fatti che hanno portato alla risposta all’interpello, seppur per tratti essenziali.
Nel dettaglio, la fattura era stata emessa dall’impresa a dicembre 2021 ed era relativa a un primo Sal in materia di Superbonus.
Dopo l’emissione della fattura, a causa delle molte incertezze interpretative per l’applicazione del bonus edilizia e, in particolare, per il rilascio dell’asseverazione e del visto di conformità, l’opzione per lo sconto non veniva esercitata nei termini previsti dalla legge, fissati dalla legge per il 29 aprile 2022.
L’impresa, che aveva emesso fattura chiede all’Ufficio di conoscere le sorti della fattura e il comportamento da tenere, con riferimento allo sconto in fattura applicato e non utilizzato per regolarizzare la propria posizione ed evitare gravosi pagamenti o ulteriori conseguenze.
L’Amministrazione finanziaria, con la risposta all’interpello in commento, precisa che la fattura emessa, a seguito della realizzazione di lavori agevolabili, nella quale è esposto e applicato lo sconto fattura non utilizzato, non deve essere riemessa.
Il motivo a sostegno della non riemissione della fattura risiede nella interpretazione dell’art. 26, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Tale norma, come noto, disciplina le ipotesi in cui è prevista la nuova emissione di un documentato contabile quale nota di credito a storno in caso, a esempio, del venir meno dell’operazione commerciale sottesa o per riduzione in tutto o in parte dell’imponibile esposto.
La nota di credito a storno, infatti, è un documento che consente l’annullamento della fattura già emessa, al fine di evitare pagamenti maggiori al Fisco.
Generalmente si usa per rimediare a errori o quando occorre restituire determinati importi esposti nella fattura che si intende annullare.
Secondo l’Agenzia delle entrate, la fattura, pur riportando l’indicazione dello sconto, come modalità di pagamento del corrispettivo, che poi non viene utilizzato, di fatto riporta correttamente l’imponibile e l’IVA, calcolata sull’intero corrispettivo pattuito al lordo dello sconto.
Di fatto la fattura così emessa pur riportando lo sconto in fattura, poi non utilizzato come forma di pagamento del corrispettivo, deve ritenersi di fatto del tutto corretta da un punto di vista fiscale e, pertanto, non deve essere riemessa.
Per rimediare all’errore l’impresa è tenuta a integrare la fattura
con un separato documento extra fiscale, al solo fine di documentare il mancato pagamento della prestazione attraverso lo sconto» e rilevare la somma da saldare.
A seguito della integrazione della fattura e della regolarizzazione dell’operazione il committente può procedere a saldare il corrispettivo e fruire del beneficio fiscale mediante la detrazione diretta o la cessione del credito.
Alle medesime conclusioni, come anticipato, è giunta, in altre occasioni, l’Agenzia delle entrate, con la risposta all’interpello 20 luglio 2022, n. 385, in materia di bonus facciate.
In tale circostanza, è stato affermato che il fornitore che abbia emesso fattura nel 2021, afferente gli interventi che accedono al bonus facciate, senza riportare correttamente lo sconto ai sensi dell'art. 121, D.L. n. 34/2020, non può ricorrere alla nota di variazione in diminuzione ex art. 26, secondo comma, D.P.R. n. 633/72.
Il beneficiario del bonus facciate, invece, nel caso in cui abbia pagato esclusivamente il 10% del corrispettivo totale della fattura non corrisponde il restante 90% della fattura, che doveva essere oggetto di sconto e potrà accedere all'agevolazione:
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