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Uno dei temi che maggiormente preoccupano i fruitori dei vantaggi derivanti dai bonus edilizi in generale, in particolare con riferimento al Superbonus, è il problema relativo al disconoscimento del vantaggio fiscale che ne consegue.
Le ragioni sono essenzialmente riconducibili al fatto che, in caso di insussistenza dei presupposti per l'accesso al beneficio, occorre restituire il credito.
In molti casi è inoltre possibile che l'accertamento in ordine alla inesistenza dei requisiti delle condizioni risulti o emerga a seguito di un controllo dell'Amministrazione finanziaria in un secondo momento, anche quando i crediti siano stati utilizzati in compensazione.
Ciò in quanto, oltre alla restituzione del credito indebitamente fruito, nel caso di contestazione da parte dell'Amministrazione finanziaria, occorre altresì versare interessi e sanzioni, che considerando gli importi degli interventi, decisamente “lievitati” per l'aumento del costo delle materie prime, a volte si appalesano eccessivi e insostenibili.
Sul punto, è intervenuta di recente la stessa Agenzia delle Entrate, la quale, rispondendo a una istanza di interpello, formulata da un contribuente che si trovava nella situazione di dover restituire i crediti indebitamente fruiti per un mero errore, chiedeva chiarimenti all'Ufficio interpelli per restituire il credito.
La risposta al recente interpello n. 440/2023, offre lo spunto per soffermarsi sul problema, capire come comportarsi in caso di crediti indebitamente fruiti e come restituirli al Fisco.
Prima di capire come regolarizzare la propria posizione e come restituire i crediti indebitamente fruiti, come precisato dalla stessa Amministrazione finanziaria, è necessario capire quando si realizza la violazione.
Ciò in quanto, la violazione in materia di bonus fiscali si realizza in momenti diversi a seconda della modalità scelta per usufruire del vantaggio fiscale: detrazione diretta, cessione del credito e sconto in fattura.
In linea generale, è possibile affermare che il dovere di restituzione del credito, derivante da bonus edilizi si realizza allorquando risulti non sussistente anche un solo requisito previsto dalla normativa in materia di agevolazioni fiscali.
In alcuni casi, tuttavia, anche se si accerti che il credito debba essere disconosciuto, potrebbe non essere previsto il diritto alla restituzione, perché, a esempio il credito seppur generato non è messo in circolazione e, pertanto, non ha creato un danno all'erario.
Provando a schematizzare il più possibile, a vantaggio di una maggiore semplificazione, è possibile trovarsi in tre situazioni diverse, due delle quali sono assimilabili:
La restituzione dei crediti indebiti è strettamente dipendente al momento in cui si scopre la sussistenza di una violazione e, pertanto, rileva il “dove” si trovano tali crediti.
Provando a schematizzare anche in tal caso, è possibile trovarsi in diverse situazioni:
In tale caso, non occorre alcuna restituzione del credito, atteso che, come rilevato in precedenza non si configura alcuna violazione, perché il credito non è stato utilizzato in compensazione e, pertanto, non è circolato, con la conseguenza che di fatto l'erario non ha subito il minor gettito.
In tale caso non è necessario annullare le fatture e riemetterle: l'impresa che ha eseguito i lavori deve emettere un documento extracontabile con il quale attesta il minor sconto (in tale senso si è espressa l'Agenzia, con risposta a interpello n. 581/2022).
Anche in tale caso, la restituzione degli importi indebitamente utilizzati è abbastanza semplice nel senso che è sufficiente annullare la comunicazione.
Tale possibilità è percorribile se si è nel rispetto di limiti temporali ben precisi: la comunicazione può essere annullata ed eventualmente sostituita entro 5 giorni dall'invio.
Nella diversa ipotesi in cui la finestra temporale non possa essere più rispettata, perché sono trascorsi più di 5 giorni, è possibile ripristinare una situazione di regolarità semplicemente con il rifiuto all'accettazione del credito da parte del cessionario.
In tale caso, è sufficiente che si proceda con l'annullamento della comunicazione di esercizio dell'opzione di cessione, seguendo le modalità espressamente indicate dall'Agenzia delle Entrate nella circolare n. 33/2022.
In tal caso le parti, cedente e cessionario, sono tenute a inviare una comunicazione congiunta all'Amministrazione finanziaria, con la quale motivare le ragioni della richiesta di annullamento e, dunque, l'errore commesso che ha portato a rendere il credito non dovuto, ovverosia non fruibile in compensazione.
In tale situazione, la regolarizzazione risulta ancora più complessa, perché vi è stato di fatto un danno all'erario, che può essere regolarizzato solo mediante il versamento dell'intero importo indebitamente ceduto, oltre agli interessi e alle sanzioni.
Per completezza, si impone una doverosa precisazione in merito al soggetto tenuto al versamento del credito indebito.
La norma sul punto è chiara, non altrettanto l'applicazione pratica.
Le descritte situazioni e modalità di recupero del credito trovano applicazione solo nel caso in cui il disconoscimento del credito non sia il risultato di una condotta dolosa, ovverosia allorquando non vi sia l'intenzione di porre in essere un disegno criminoso, finalizzato a realizzare un danno all'erario, inteso in termini di generali, come minor gettito che confluisce nelle casse dello Stato.
Ciò in quanto, nel caso in cui sia riscontrato il dolo, tale condotta configura un illecito penalmente rilevante.
La difficoltà a livello applicativo si riscontra proprio nell'individuare un comportamento doloso. Tale accertamento, infatti, presuppone una valutazione da parte di un organo giurisdizionale e, dunque, un giudizio.
Posta tale preliminare precisazione, il soggetto tenuto a restituire l'indebito è il beneficiario del vantaggio fiscale, il quale è tenuto a versare l'importo del credito disconosciuto o indebitamente fruito o semplicemente reso circolante.
È importante precisare che il beneficiario, tenuto al versamento, è il primo beneficiario, anche nel caso di successiva cessione.
Soltanto nei casi in cui sia accertato il dolo del comportamento del cessionario, risponde della violazione anche questi che abbia concorso nella realizzazione della violazione.
Gli importi delle sanzioni possono essere versati in misura ridotta, ricorrendo all'istituto del ravvedimento operoso, di cui all'art. 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
Si tratta di un istituto che consente di rimediare a eventuali omessi versamenti (totali o parziali) di imposte. Il beneficio è strettamente connesso alla tempestività del versamento: prima si paga e meno interessi e sanzioni devono essere versate.
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