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Spesso siamo abituati, tecnici dall'occhio attento o meno, a rilevare in edifici storici o villette isolate a più piani, la presenza di volumi esterni in vetro e acciaio o con pannellature in alluminio, che costituiscono i vani per ascensori o montacarichi a servizio delle utenze che impegnano ed utilizzano tali costruzioni.
Numerosi infatti sono gli interventi, soprattutto nei centri storici delle città, legati alla istallazione di ascensori esterni alla volumetria del fabbricato per consentire il collegamento agevole dei livelli in edifici che, per l'età o per motivi progettuali preliminari, ne risultano sprovvisti.
Non tratteremo in questo articolo le diverse e numerose tipologie offerte oggi dal mercato e che consentono, ormai in quasi tutte le situazioni di fatto, di ottenere la soluzione ottimale volta al giusto connubio tra l'estetica e la funzionalità dell'opera da istallare.
L'attenzione è invece posta su un particolare aspetto normativo, relativo alle distanze minime tra le costruzioni, regolate dal Codice Civile, da rispettare o non rispettare a seconda del caso e, sulla necessità che è legata a queste istallazioni di rispondere a specifiche esigenze dei portatori di handicap.
Per quanto riguarda questo aspetto, ed in particolare le esigenze dei portatori di handicap, la disciplina di riferimento è la Legge 9 gennaio 1989, n.13 titolata Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati.
Tale normativa può fornire un criterio di interpretazione che risulta fondato, anche in merito a eventuali conflitti che facciano riferimento ad edifici esistenti, pur se rivolta a progetti relativi ai nuovi edifici o alla ristrutturazione di interi edifici.
Secondo l'art. 3, comma 1 della legge, le opere aventi ad oggetto innovazioni da attuare negli edifici privati volte ad eliminare le barriere architettoniche possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, anche per i cortili e le chiostrine interni ai fabbricati o comuni o di uso comune a più fabbricati.
Tutto questo, proseguendo con l'art. 3, comma 2 della stessa legge, salvo l'obbligo di rispetto delle distanze di cui agli articoli 873 e 907 del codice civile nell'ipotesi in cui tra le opere da realizzare e i fabbricati alieni non sia interposto alcuno spazio o alcuna area di proprietà o di uso comune.
Nel merito e per una completa chiarezza, i citati articoli del Codice Civile recitano quanto segue:
Art.873 - Distanze nelle costruzioni - Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore;
Art.907 - Distanza delle costruzioni dalle vedute - Quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri, misurata a norma dell'art.905.
Se la veduta diretta forma anche veduta obliqua, la distanza di tre metri deve pure osservarsi dai lati della finestra da cui la veduta obliqua si esercita.
Se si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui sono le dette vedute dirette od oblique, essa deve arrestarsi almeno a tre metri sotto la loro soglia.
Una sentenza abbastanza recente del Consiglio di Stato, la n. 6253 del 5 dicembre 2012, ha affermato che la realizzazione di un ascensore esterno non rientra nel concetto di costruzione (di cui all'art. 873 del Codice Civile sopra citato) e quindi non possono essere applicabili ad esso le disposizioni in tema di distanze tra gli immobili.
Il caso analizzato, nello specifico, faceva riferimento ad una richiesta di permesso di costruire intesa alla realizzazione di un ascensore, che venne respinta dall'Amministrazione comunale.
Secondo il Comune, all'intervento osterebbe il disposto dell'art. 79, comma 2, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, a mente del quale in tema di realizzazione di opere finalizzate all'eliminazione delle barriere architettoniche - e facendo eccezione all'ordinario regime di deroga alle norme sulle distanze - è fatto salvo l'obbligo di rispetto delle distanze di cui agli articoli 873 e 907 del codice civile nell'ipotesi in cui tra le opere da realizzare e i fabbricati alieni non sia interposto alcuno spazio o alcuna area di proprietà o di uso comune.
Il ricorso proposto dagli istanti presso il Tribunale Amministrativo Regionale competente venne respinto e motivato da aspetti legati principalmente sia alla tutela della salute e della vita di relazione dei portatori di handicap, che viene definito non un valore assoluto e incondizionato anche se di primaria importanza e, quindi, soggetto a subire delle limitazioni nella tutela di valori di pari rilevanza; inoltre che, a fronte della prevalenza delle ragioni del portatore di handicap rispetto ai soggetti residenti nel medesimo edificio, non poteva dirsi lo stesso per gli immobili limitrofi e per gli interessi quindi di soggetti diversi.
In seguito alla sentenza del Consiglio di Stato, che accoglieva l'appello degli istanti, si è precisato quindi l'estraneità dell'ascensore oggetto della richiesta di permesso di costruire alla nozione di costruzione di cui all'art. 873 cod. civ., e quindi l'inapplicabilità ad esso delle disposizioni in tema di distanze dallo stesso poste.
In particolare, l'impianto di ascensore rientra tra i cosiddetti volumi tecnici, al pari di quelli che servono le condotte idriche e termiche, o tra gli impianti strumentali alle esigenze tecnico-funzionali dell'immobile, per i quali non devono trovare applicazione le disposizioni in materia di distanze tra le costruzioni.
Con riferimento a quanto riportato in quest'articolo e per ottenere maggiori informazioni sugli ascensori esterni si riportano di seguito alcune aziende che trattano tali impianti nello specifico:
- Kone Spa
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