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Ai sensi dell'art. 1655 c.c., l'appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro.
Sebbene si tratti di una tipologia contrattuale che si attaglia a diverse fattispecie (anche l'impresa che effettua il servizio di pulizia della scale di un immobile stipula un contratto d'appalto), la maggior parte delle norme codicistiche, ad essa relative, sono state dettate con specifico riferimento al contratto d'appalto per la costruzione di un immobile.
In effetti, anche per sentire comune, quando si parla d'appalto il pensiero va subito a tale fattispecie.
È cosa molto ricorrente che a seguito dell'edificazione e della consegna di uno stabile (sia esso un'abitazione unifamiliare, un condominio, un edificio destinato ad ospitare attività commerciali o ad uso promiscuo) il proprietario, o i proprietari, riscontrino dei problemi o, per meglio dire, dei veri e propri difetti.
Come agire per ottenere l'eliminazione di tali inconvenienti?
A chi rivolgersi?
Con quali tempistiche?
Rispondere a queste domande vuol dire comprendere come muoversi nella fase iniziale della contestazione dei difetti.
Il codice civile disciplina la garanzia che l'appaltatore è tenuto a prestate per i difetti dell'immobile in relazione ai vizi ed alle difformità dell'opera.
L'art. 1667 c.c. recita:
L'appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell'opera. La garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l'opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché, in questo caso, non siano stati in mala fede taciuti dall'appaltatore.
Il committente deve, a pena di decadenza, denunziare all'appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta. La denunzia non è necessaria se l'appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati.
L'azione contro l'appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell'opera. Il committente convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia, purché le difformità o i vizi siano stati denunziati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna.
Per difformità deve intendersi una discordanza dell'opera dalle prescrizioni contrattuali, mentre i vizi sono la mancanza di modalità e qualità che, anche se non espressamente pattuiti, devono comunque considerarsi inerenti all'opera secondo le regole dell'arte e la normalità delle cose (così Caringella - De Marzo, Manuale di diritto civile – il contratto – Giuffrè, 2007).
Si pensi, per fare un esempio di difformità, alla realizzazione di un'opera che nel progetto iniziale preveda la realizzazione dei bagni, o di altri ambienti con determinate caratteristiche e che al momento della realizzazione disattenda quelle indicazioni.
Quanto ai vizi si pensi ai pavimenti scheggiati, all'impianto idrico mal funzionante, ecc.
In questo caso il committente dovrà, a pena di decadenza, segnalare il fatto all'appaltatore (tecnicamente denunciare, seppur non nell'accezione penalistica del termine) entro 60 giorni dalla scoperta.
L'azione contro l'appaltatore per l'eliminazione dei vizi e delle difformità si estingue in due anni dalla consegna dell'immobile.
La garanzia non è dovuta se i succitati vizi e difformità erano conosciuti o riconoscibili purché tale riconoscibilità non sia stata taciuta dall'appaltatore.
Quali sono le azioni a disposizione del committente per far valere la garanzia?
La risposta al quesito è contenuta nell'art. 1668 c.c. che recita:
Il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell'appaltatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell'appaltatore.
Se però le difformità o i vizi dell'opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto.
In definitiva il committente, resosi conto della difformità dell'opera o di un suo vizio, dovrà darne notizia all'appaltatore, entro 60 giorni dalla scoperta, chiedendo l'eliminazione dei vizi e/o delle difformità riscontrate.
È consigliabile che tale denuncia sia fatta con lettera raccomandata con avviso di ricevimento o comunque con altro metodo che dia certezza della ricezione.
Fatto ciò, nel caso di mancato intervento o di disaccordo, il committente avrà due anni, che decorrono dal giorno di consegna dell'opera, per far valere la proprie ragioni in giudizio.
Il termine dei due anni non deve essere considerato allorquando sia l'appaltatore ad agire per ottenere il pagamento delle proprie spettanze.
Si tratta, chiaramente, di quelle ipotesi in cui il mancato pagamento è dovuto a contrasti sulla corretta esecuzione dell'opera sicché in questo modo non si preclude al committente di far valere in quel giudizio le proprie ragioni nel modo più ampio possibile.
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