L'amministratore di condominio non può agire in giudizio per ottenere il riconoscimento di una servitù perché questa azione non rientra tra i suoi poteri.
Perché l'amministratore di condominio non può agire in giudizio per chiedere ed ottenere i riconoscimento di una servitù di passaggio a favore della compagine amministrata?
Alla domanda, nel solco d'una lunga sequela di precedenti di merito e di legittimità, ha dato risposta il Tribunale di Roma con una sentenza dello scorso febbraio.
Prima di osservare in che modo, è utile rispondere ad un altro quesito.
Quali sono i poteri dell'amministratore rispetto nel suo rapporto con il condominio?
La legge (cfr. art. 1129-1130 c.c.) riconosce al mandatario della compagine il potere di gestire le parti comuni dell'edificio.
Gestione, nella sostanza, vuol dire compimento degli atti necessari a mantenere lo status quo.
L'amministratore, quindi, può fare tutto ciò che è necessario a conservare e difendere le parti comuni da ogni tipo di azione ed evento pregiudizievole.
Tra gli atti che l'amministratore deve compiere rientrando i così detti atti conservativi delle parti comuni.
La situazione, al di là delle modifiche normative, rimarrà inalterata anche dopo l'entrata in vigore della riforma del condominio.
Questa situazione di fatto ha dei riflessi anche sui poteri giudiziari dell'amministratore condominiale.
In una sentenza del 2010, per citare uno dei numerosi pronunciamenti sul tema, il T.A.R. di Catania, ha ricordato che la legittimazione ad agire dell'amministratore del condominio è disciplinata dalle previsioni di cui al combinato disposto degli artt. 1130 e 1131 c.c., secondo le quali l'amministratore condominiale è legittimato a compiere autonomamente gli atti conservativi, anche di natura giudiziale, ex art. 1131 comma 1, c.c., dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio (art. 1130 n. 4) (T.A.R. Catania 9 luglio 2010 n. 2954).
In questo contesto di carattere generale, citiamo sempre la stessa sentenza ma si tratta dell'orientamento unanime della giurisprudenza, non può ricondursi tra gli atti conservativi la proposizione di un ricorso giurisdizionale finalizzato a pronunciamenti sulla titolarità ed il contenuto dei diritti medesimi, eccedenti la mera salvaguardia dell'integrità dell'immobile; d'altra parte, l'amministratore ha la rappresentanza processuale attiva dei condomini, oltre che in conformità alle citate attribuzioni di cui all'art. 1130 c.c., anche nei limiti dei maggiori poteri conferiti dal regolamento di condominio o dall'assemblea (art. 1131 cit.), ma occorre che ne sia fornita la dimostrazione (tra le più recenti, T.A.R. Veneto Venezia, sez. II, 27 luglio 2009 , n. 2218) (T.A.R. Catania 9 luglio 2010 n. 2954).
In questo contesto s'inserisce il Tribunale di Roma che, rispondendo idealmente alla domanda che ci siamo posti in principio, ha ricordato che il Condominio è notoriamente un ente di gestione e, come tale, se può agire in via cautelare e urgente per eseguire interventi ed opere di manutenzione straordinaria al proprio stabile, non può chiedere il riconoscimento di un diritto di passaggio-servitù, competendo detti diritti reali sono a persone fisiche o giuridiche (Trib. Roma 11 gennaio 2013 n. 618).
Come dire: alla gestione dei diritti sulle parti comuni provvede anche l'amministratore ma al loro riconoscimento ex novo possono provvedere solamente i proprietari.