Con una sentenza del 2010, la n. 3001 del 10 febbraio, la Corte di Cassazione si è occupata di tabelle millesimali per la ripartizione delle spese condominiali.
Cosa sono le tabelle millesimali?
Con una sentenza del 2010, la n. 3001 del 10 febbraio, la Suprema Corte di Cassazione è tornata a occuparsi di tabelle millesimali per la ripartizione delle spese condominiali e più nello specifico dei casi di loro revisione.
La legge, per il condominio negli edifici, impone, ai fini della formazione della maggioranza assembleare (Art. 1136 c.c.) e della ripartizione delle spese (artt. 1123-1124,1126 c.c.), l'adozione di uno strumento che rappresenti il valore proporzionale di ogni singola unità immobiliare rispetto all'intero stabile.
Sul punto non lasciano adito a dubbi i primi due commi dell'art. 68 delle disposizioni di attuazione del codice civile, che recitano: Per gli effetti indicati dagli artt. 1123, 1124, 1126 e 1136 del codice, il regolamento di condominio deve precisare il valore proporzionale di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano spettante in proprietà esclusiva ai singoli condomini. I valori dei piani o delle porzioni di piano, ragguagliati a quello dell'intero edificio, devono essere espressi in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio.
Il terzo comma, che chiude la disposizione in esame, specifica che nel calcolo del valore millesimale non devono essere presi in considerazione alcuni parametri che, sostanzialmente, danno rilevanza all'operato del proprietario della singola unità immobiliare sulla stessa.
La norma, infatti, afferma che: Nell'accertamento dei valori medesimi non si tiene conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano.
È dubbio, tanto in dottrina, tanto in giurisprudenza, se per l'approvazione delle tabelle millesimali sia necessaria l'unanimità dei consensi o se, invece, sia sufficiente la maggioranza assembleare.
Sul punto si è in attesa di una pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione chiamate a dirimere il contrasto (Cass. ord. n. 2568/09).
A ogni modo, una volta formate, le tabelle possono essere modificate solamente in due circostanze:
a)accordo tra le parti;
b)per errore o inattualità delle stesse.
Sentenza della Corte di Cassazione sulla revisione delle tabelle millesimali
Quest'ultimo è il caso regolato dall'art. 69 disp. att. c.c. e oggetto della sentenza citata all'inizio.
A norma dell'articolo testè citato:I valori proporzionali dei vari piani o porzioni di piano possono essere riveduti o modificati, anche nell'interesse di un solo condomino, nei seguenti casi:1) quando risulta che sono conseguenza di un errore; 2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in conseguenza della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o di innovazioni di bassa portata, è notevolmente alterato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano.
In quest'ultimo caso, a differenza di quanto detto dal terzo comma dell'art. 68 disp. att. c.c., l'opera dei condomini è rilevante perché, andando a incidere sulla struttura dell'edificio, altera l'originario rapporto di valore.Tale alterazione, per portare alla revisione delle tabelle millesimali, deve, comunque, essere notevole.
L'errore di si cui parla nel n. 1 della norma, è questo il cuore della sent. n. 3001/10, deve ricadere su elementi oggettivi che incidano sul calcolo dei millesimi.
Ciò perché, per redigere le tabelle millesimali, non esistendo una norma di legge (eccezion fatta, pur non trattandosi di una legge in senso stretto per una circolare del ministero dei lavori pubblici datata 1967) che ne disciplini i parametri di riferimento, si è soliti parlare di elementi oggettivi e necessari per il calcolo (es. metratura dell'unità immobiliare) ed elementi soggettivi (coefficiente di altezza piano, esposizione, ecc.).
Secondo la Cassazione, nei casi di cui al n. 1 dell'art. 69 disp. att. c.c., la revisione può essere chiesta per errori nella determinazione del valore, che non siano indotti da quelli sugli elementi necessari al suo calcolo (Cass. 10 febbraio 2010 n. 3001).