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07 Giugno 2018 ore 13:57 - NEWS Restauro edile |
Con il termine ristrutturazione edilizia si indica generalmente l'insieme di opere edili con le quali si intende rinnovare, modificare o riparare un organismo edilizio.
Nel nostro contesto legislativo, però, in base alla tipologia di intervento che si ha intenzione di eseguire, ci sono precise indicazioni e procedure da rispettare, che si distinguono tra di loro a seconda del fine ultimo dell'intervento stesso.
A livello urbanistico, edilizio, funzionale e strutturale sussistono differenze sostanziali tra interventi di ristrutturazione e interventi di restauro e risanamento, che vale la pena di considerare attentamente prima di dare inizio a qualsiasi tipo di lavoro.
L'art. 3 del Testo Unico DPR 380/01 distingue gli interventi edilizi in cinque categorie:
Relativamente alle prime tre categorie riportiamo per brevità una descrizione non esaustiva consigliando una più approfondita e dettagliata lettura del Testo Unico.
Riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie a integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti.
Citiamo ad esempio le opere utili a rifare il tetto utilizzando gli stessi materiali o il pavimento, rinnovare il bagno, ritinteggiare la facciata, installare un'antenna tv, sostituire una finestra, installare un impianto di riscaldamento autonomo. In questa categoria rientrano anche gli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche senza realizzazione di ascensori esterni, che in tal caso modificherebbero la sagoma dell'edificio.
Riguardano le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare e integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino modifiche delle destinazioni di uso.
In questa categoria rientrano anche il frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari anche in caso di variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l'originaria destinazione d' uso.
Citiamo ad esempio la realizzazione di servizi igienico-sanitari o tecnologici, l'installazione di centrali termiche o ascensori, la costruzione e l'abbattimento di muri interni non portanti e l'apertura di finestre.
Riguardano la trasformazione edilizia e urbanistica del territorio e non rientrano nelle categorie definite alle lettere precedenti.
Passiamo ora ad analizzare con maggior dettaglio le categorie relative alla ristrutturazione e al restauro e risanamento conservativo degli edificio, poiché spesso le loro caratteristiche risultano poco chiare.
La differenza tra le due categorie risiede nella sostanza, ovvero entrambe si riferiscono all'organismo edilizio ma mentre l'intervento di restauro e risanamento conservativo è finalizzato a non snaturare e non innovare le caratteristiche fisiche complessive dell'organismo edilizio, la ristrutturazione edilizia, è di per se indirizzata alla trasformazione totale o parziale dell'organismo stesso.
Il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia definisce la ristrutturazione di una struttura edilizia come l'insieme degli interventi che mirano a trasformare un edificio sia nella natura sia nei caratteri essenziali.
Questa tipologia di interventi comporta infatti la radicale e integrale trasformazione dei componenti dell'intero edificio, con mutamento della qualificazione tipologica e degli elementi formali di esso, comportanti l'aumento delle unità immobiliari nonché l'alterazione dell'originale impianto tipologico – distributivo e dei caratteri architettonici.
Tra gli interventi di ristrutturazione sono considerati tali anche la demolizione e ricostruzione della struttura, ma solo quando i parametri del nuovo edificio restano gli stessi della struttura precedente in termini volumetrici
.
Si definiscono invece opere di restauro e risanamento conservativo tutti quegli interventi che hanno come fine la conservazione delle funzionalità di una struttura, senza modificarne la configurazione e rispettandone gli elementi preesistenti.
Rientrano dunque tra le opere di restauro e risanamento conservativo tutti quegli interventi edili riguardanti il ripristino e il rinnovo degli elementi che costituiscono un immobile, oltre all'inserimento di impianti e strutture accessorie ad esso, ma anche quelle opere di tipo edile finalizzate all'eliminazione di alcuni elementi estranei all'immobile, sempre nel rispetto degli elementi formali e strutturali di quest'ultimo.
Nello specifico, il restauro è un tipo di lavoro di recupero applicabile esclusivamente agli edifici che abbiano valore storico-artistico e può essere adoperato per apportare modifiche ingenti alla struttura dell'immobile in questione, evitando però di alterare le volumetrie dello stesso; al contrario, il risanamento conservativo è un'attività effettuata con lo scopo di recuperare dal punto di vista funzionale, statico e igienico l'edificio e quindi sono ammesse modifiche alla struttura e alla planimetria.
Tra i lavori di restauro e risanamento conservativo citiamo:
Passaggio fondamentale per dimostrare il rispetto delle norme edilizie in materia di ristrutturazione e restauro è quello di fornire prova della identità dell'edificio prima dell'intervento, ovvero nel suo stato di fatto.
Questo è un elemento funzionale alla dimostrazione dell'identità dell'edificio in termini di caratteristiche precedenti all'esecuzione dell'intervento, quali ad esempio la sua sagoma o la sua volumetria.
Gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, di cui abbiamo detto sopra, ovvero la manutenzione straordinaria, il restauro e risanamento conservativo e la ristrutturazione edilizia godono di importanti agevolazioni fiscali, sia rispetto alle singole unità abitative sia rispetto alle parti comuni di edifici condominiali.
La più nota tra le agevolazioni è quella che riconosce una detrazione dall'IRPEF del 36% delle spese sostenute, fino a un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 48.000 euro per unità immobiliare.
La quota del 36% è stata elevata al 50% e l'ammontare complessivo di spesa ammessa fino a 96.000 euro per quelle spese effettuate nel periodo compreso tra il 26 giugno 2012 e il 30 giugno 2013,
Queste maggiorazioni sono state prorogate più volte da provvedimenti successivi, sino a giungere alla Legge di Bilancio 2018 che ha rinviato al 31 dicembre 2018 la possibilità di usufruire della maggiore detrazione Irpef del 50% e del limite massimo di spesa di 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare.
Nel caso non intervenga una nuova proroga, dal 1° gennaio 2019 la detrazione fiscale tornerà alla misura ordinaria del 36% e con il limite di 48.000 euro.
Dal 2018, inoltre, è entrato in vigore l'obbligo di trasmettere all'Enea le informazioni sui lavori effettuati, analogamente a quanto già previsto per la riqualificazione energetica degli edifici, al fine di monitorare e valutare il risparmio energetico conseguito con la realizzazione degli interventi di recupero edilizio.
Oltre alle detrazioni fiscali è possibile, relativamente gli interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia, pagare l'IVA in misura ridotta, usufruire delle detrazioni per l'acquisto di immobili a uso abitativo facenti parte di edifici interamente ristrutturati e quelle per la realizzazione o l'acquisto di posti auto.
Si ricorda che è possibile usufruire dei bonus solo per interventi relativi a immobili residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali e sulle loro pertinenze.
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