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L'appaltatore, vale a dire l'impresa che si è assunta l'obbligo di realizzare un'opera o di rendere un servizio, è responsabile della sua cattiva esecuzione.
Che scoperta dell'acqua calda! Verrebbe da esclamare.
Il punto non è questo o meglio, dall'affermazione di principio, volutamente generica, appena espressa, deriva una domanda: fino a che punto l'appaltatore dev'essere considerato responsabile?
Per rispondere al quesito è bene, prima d'ogni cosa, inquadrare con chiarezza la nozione di appalto.
Ai sensi dell'art. 1655 c.c.:
L'appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro.
L'obbligazione del committente si sostanzia nel pagamento del prezzo.
Quella dell'appaltatore nel compimento dell'opera e/o del servizio con gestione a proprio rischio; una vera e propria attività d'impresa.
L'obbligazione dell'appaltatore va ricondotta tra quelle così dette di risultato.
In sostanza, per dirla con un esempio, chi s'impegna a costruire un palazzo o a ristrutturalo deve costruirlo o porre in essere gli interventi conservativi; non ci deve solo provare con tutta la propria abilità (quella sarebbe un'obbligazione di mezzo, come sono quelle dei medici e degli avvocati), l'appaltatore ci deve riuscire.
In questo contesto bisogna valutare la responsabilità per vizi o difformità dell'opera.
Gli studiosi di diritto hanno chiarito che per difformità deve intendersi una discordanza dell'opera dalle prescrizioni contrattuali, mentre i vizi sono la mancanza di modalità o di qualità che, anche se non espressamente pattuiti, devono comunque considerarsi inerenti all'opera secondo le regole dell'arte e la normalità delle cose (Caringella – De Marzo, Manuale di diritto civile Parte III Il contratto, Giuffrè, 2007).
In questo contesto, quindi, è naturale che gli sforzi degli addetti ai lavori si siano orientati verso il chiarimento del livello della responsabilità dell'appaltatore per i vizi e le difformità di quanto ha realizzato rispetto a quello che doveva effettivamente realizzare.
Secondo la Cassazione l'appaltatore ha il preciso obbligo, normativamente sanzionato, di eseguire le opere a regola d'arte assicurando al committente un'opera esente da vizi e garantendo allo stesso un risultato tecnico conforme alle sue esigenze ed è tenuto a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all'intera garanzia per le imperfezioni od i vizi dell'opera (Cass. 21 maggio 2012 n. 8016).
Quest'affermazione di principio dev'essere calata nella realtà e, sempre nella stessa sentenza, la Cassazione ha specificato che l'appaltatore è responsabile anche se riceve istruzioni sbagliate, a partire dal progetto originario, nella misura in cui pur avendo il potere di far notare la loro inesattezza non lo fa.
Si legge nella pronuncia che l'appaltatore stante l'obbligo di eseguire a regola d'arte l'opera commessagli, deve osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli.
Con la specifica intesa che al fine di assolvere il proprio obbligo di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, l'appaltatore è obbligato a controllare -come è già stato affermato da questa Corte (sent. N. 821 del 1983), nei limiti delle sue cognizioni tecniche, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente ed, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest'ultimo.
Pertanto, in mancanza di tale prova, l'appaltatore è tenuto, ai titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all'intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell'opera senza potere invocare il concorso di colpa del progettista o del committente (Cass. ult. cit.).
Non solo: l'appaltatore può essere considerato responsabile anche davanti ad istruzioni sbagliate impartitegli dal direttore dei lavori, vale a dire da quella figura con particolari conoscenze tecniche che il committente nomina per evitare brutte sorprese.
La conferma a quest'affermazione la troviamo nella sentenza già citata.
[…] come, è stato già detto da questa Corte, (Cass. 2214/1975) neppure, eventuali errori nelle istruzioni del Direttore dei Lavori esimono l'appaltatore da responsabilità, essendo egli tenuto a controllarli e correggerli, secondo diligenza e perizia e dovendo egli sempre uniformarsi alle regole tecniche (Cass. 21 maggio 2012 n. 8016).
La situazione, quindi, è sufficientemente chiara.
L'appaltatore ha ben precise responsabilità e non può nascondersi dietro le istruzioni sbagliate ricevute: egli, in considerazione della sua esperienza, ha sempre il potere di far notare inesattezze e possibili difetti che potrebbero derivare dall'esecuzione di un intervento in un particolare modo.
Solamente se fa notare ciò ma nonostante tutto il committente (o chi per lui) insiste nel proprio intento, l'appaltatore potrà essere considerato mero esecutore dell'opera (si dice in gergo giuridico nudus minister) e quindi nemmeno più appaltatore e come tale andare esente da responsabilità.
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