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Fare la raccolta differenziata è ormai parte delle nostre abitudini quotidiane, anche in quei comuni che ancora non sono attrezzati al 100% con isole ecologiche o la raccolta porta a porta. Questo almeno nelle abitudini a parlarne: dal parlarne soltanto all'azione effettiva, ci vorrà ancora qualche tempo e solo un po' di buona volontà in più e tutto sarà più facile.
Tutti sanno come procedere con la suddivisione dei rifiuti, o, per lo meno, pensano di sapere dove va messo cosa, anche perchà? tutte le amministrazioni cittadine distribuiscono opuscoli chiarificatori. Ogni tanto, però, sopraggiunge qualche dubbio soprattutto nel caso dei rifiuti in plastica.
Mentre, infatti, appare abbastanza ovvio come agire con carta, vetro e lattine, per la raccolta differenziata della plastica ci sono ancora degli aspetti poco chiari, riferiti soprattutto al fatto di chiarire una volta per tutte quali oggetti in plastica sono da inserire negli appositi contenitori della raccolta differenziata, e quali invece trattare come rifiuti generici.
Fino a poco tempo fa era netta la distinzione tra contenitori, imballaggi in genere in plastica, e invece oggetti in plastica da trattare come rifiuto indifferenziato, quindi giochini, piccoli oggetti, e soprattutto piatti, bicchieri e stoviglie usa e getta.
Questi ultimi, dunque, che fanno parte della cosiddetta plastica mista o eterogenea, non potevano essere riciclati. Il passato nel verbo è d'obbligo, visto che dallo scorso maggio, grazie alla delibera decisa dal Comitato di Coordinamento ANCI-CONAI, è possibile inserire anche piatti e bicchieri in plastica di quelli monouso (non le posate) tra il novero degli articoli da smaltire con la raccolta differenziata.
Successivamente, il Consorzio Corepla si occuperà del riciclo. Questa notizia rappresenta un primo passo in avanti verso la soluzione di questo problema, anche se l'ideale sarebbe comunque quello di evitare quanto più possibile l'uso di materiale del genere.
Ovviamente si avrà l'accortezza di gettare nel cassonetto apposito soltanto stoviglie prive di liquidi e residui solidi di cibo, come già avviene peraltro nel caso degli altri contenitori e imballaggi in plastica, per evitare problemi successivi nella filiera del riciclo.
Sempre a proposito di raccolta differenziata, è da sottolineare che una parte, purtroppo ancora consistente, di bottiglie in plastica o di altri articoli in poliuretano (ad esempio imbottiture di divani, letti, materassi e altro ancora), quando non la si usa per avveniristici riusi, finisce in discarica, insieme al resto della spazzatura indifferenziata.
Ora c'è un interessante sviluppo in materia. Quello che non riusciamo a fare (ancora) nella nostra ipertecnologica civiltà industriale, pare che riesca a farlo un microrganismo che vive nel cuore della foresta pluviale più grande del mondo: la foresta amazzonica.
Insomma, pare proprio che questo fungo, perchà? di questo si tratta, riesca a degradare il poliuretano, cibandosi di esso. Appartenente alla specie Pestalotiopsis microspora, questo microrganismo è stato scoperto durante una spedizione in Ecuador da parte di alcuni studenti statunitensi di biochimica molecolare, guidati dal professor Scott Strobel.
È stato osservato come il fungo sia in grado di sopravvivere in ambienti privi di ossigeno, e questo è l'aspetto più interessante della scoperta, dal punto di vista della possibile applicazione pratica in un contesto simile, che potrebbe essere quello di una normale discarica.
Si stanno studiando in laboratorio le modalità di applicazione del processo di degradazione innescato da questo fungo, nella speranza che in un futuro non troppo lontano lo si possa applicare concretamente alle nostre discariche, in modo da accelerare la degradazione di questo materiale, in attesa che la coscienza civile ci renda consapevoli della necessità di limitare, in ogni caso, ripeto, l'acquisto e l'uso di involucri, di contenitori e, a volte assolutamente inutili, imballaggi in plastica.
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