Dopo un anno e mezzo dalla entrata in vigore del Piano Casa, sono solo 2.700 le domande presentate in tutta Italia.
L'edilizia rappresenta un volano per l'economia del nostro paese, pertanto il suo rilancio è stato rivolto, attraverso recenti provvedimenti come il Piano Casa e l'introduzione della Scia, allo snellimento delle procedure burocratiche e all'incentivazione a costruire.
Tuttavia da un primo esame, almeno per ciò che riguarda il Piano Casa, non si può dire che l'intento sia andato a buon fine.
Da un'inchiesta effettuata dal Sole24Ore, ad oltre un anno dalla sua entrata in vigore, emerge che sono solo 2.700 le domande presentate in tutta Italia con una media di 42 richieste per i comuni in cui è stata effettuata.
E intanto si avvicina la scadenza del 31 dicembre 2010, fissata da molte regioni come limite per la presentazione delle istanze.
È opportuno quindi fare una piccola analisi sulle ragioni che hanno portato a questo insuccesso.
Innanzitutto bisogna dire che la crisi economica, proprio quella che si intendeva sconfiggere, ha impedito alle famiglie di effettuare quegli investimenti necessari per realizzare nuove costruzioni.
Non bisogna poi dimenticare che le leggi Regionali di applicazione del Piano nazionale hanno posto non pochi ostacoli alla sua attuazione, da un lato perché arrivate in notevole ritardo (vedi il caso della Calabria), dall'altro perché hanno spesso posto dei vincoli molto restrittivi.
Tra questi vincoli c'è da valutare la scarsa convenienza economica di interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici esistenti. La ricostruzione, infatti, implica il rispetto di severe normative antisismiche ed energetiche, che appare piuttosto oneroso. Si tratta, in realtà, di una scarsa economicità soltanto apparente, in quanto i maggiori costi di realizzazione sarebbero compensati da un più alto valore di mercato dell'immobile.
Le leggi impongono anche dei limiti di cubatura agli edifici ampliabili che speso sono solo villette unifamiliari, per cui questo restringe il loro campo di possibile applicazione.
Non bisogna poi dimenticare che, nonostante l'emanazione di ben tre leggi di condono edilizio, nel nostro paese continuano ad esistere ancora edifici abusivi o con parti realizzate in difformità dai titoli autorizzativi che, naturalmente, restano esclusi dall'applicazione del Piano Casa.
Esclusi dal Piano sono anche gli edifici non residenzali e anche qui troviamo probabilmente un limite della normativa che, se estesa, avrebbe potuto contribuire ad un rilancio anche della produttività industriale. Va considerato, infatti, che le aree industriali sono spesso soggette a meno vincoli e limiti e quindi sarebbero state suscettibili di ampliamenti dei capannoni.
Naturalmente si stanno studiando correttivi per correre ai ripari e, tra questi, emerge la proposta dell'ANCE che chiede di portare al 50% il premio volumetrico.
I costruttori, invece, valutano negativamente la strada intrapresa e sarebbero più favorevoli a concentrarsi sulla possibilità di detrazioni fiscali e sul cambio delle destinazioni d'uso, che permetterebbe di recuperare capannoni industriali ed edifici rurali ormai dismessi.