In tema di utilizzazione delle parti comuni, quali sono i poteri dell'assemblea, quali i diritti dei condòmini e quali le soluzioni in caso di abuso da parte di qualcuno?
Uso delle parti comuni
Ogni condomino, ai sensi dell'art. 1102, primo comma, c.c., ha diritto di usare le cose comuni nel modo che ritiene più opportuno purché tale utilizzazione non modifichi la destinazione d'uso del bene e sempre che ciò non costituisca menomazione del pari diritto degli altri comproprietari.
La norma appena citata deve essere interpretata anche alla luce di quanto disposto dall'art. 1138 c.c.
Quest'ultimo articolo, relativo al regolamento condominiale, specifica che lo statuto del condominio deve contenere le norme inerenti le modalità d'uso delle cose comuni.
In sostanza, sebbene il diritto d'ogni condomino sulle cose comuni non possa essere compresso o escluso, il codice civile consente comunque all'assemblea di disciplinarlo.
La ragione di questa presa di posizione è molto semplice: l'assise è l'organo deputato alla gestione delle cose comuni. Disciplinare l'uso delle stesse, lungi dal limitare il diritto dei condòmini, può addirittura avvantaggiarlo e garantirne l'effettivo esercizio.
Il caso dell'uso turnario del parcheggio comune rappresenta l'esempio principe del concetto appena esposto. A fronte dell'impossibilità per l'autorimessa condominiale di accogliere contemporaneamente tutte le autovetture, l'assemblea può decidere che ogni condomino possa usarla a turno per uno specifico periodo di tempo in modo tale che alla fine tutti i comproprietari possano effettivamente godere di quella parte comune.
Questo principio non vale solamente per l'area di sosta ma per tutte quelle parti dell'edificio che, a fronte di possibili abusi e intemperanze, rischiano d'essere mal utilizzate o peggio espongono i condomini a pericoli.
Per spiegare questo concetto è utile fare riferimento ad un caso concreto, quale ad esempio quello risolto dal Tribunale di Monza con una sentenza del 18 luglio 2011.
Nel caso di specie in un condominio era presente un'area di transito ad uso promiscuo.
L'assemblea aveva provveduto a far delimitare quella parte dove, solitamente, passavano le autovetture per raggiungere i box auto di proprietà esclusiva da quella usata come zona pedonale. Il tutto prevedendo l'apposizione di panettoni spartitraffico o di fioriere per evitare invasioni di campo. Da qui l'impugnazione del deliberato per ottenerne la declaratoria d'invalidità.
Nel giudizio che ha definito il reclamo avverso la negata sospensiva il magistrato monzese ha specificato che nel caso di specie non può in alcun modo sostenersi che la delibera assembleare impugnata abbia realmente inciso sul diritto di comproprietà dei condomini reclamanti i quali, rispetto alla situazione pregressa, quantunque con maggiore difficoltà riescono comunque ad accedere al box di loro proprietà non essendo in alcun modo discutibile (Trib. Monza 22 aprile 2011).
Il confine tra disciplina delle modalità d'uso e lesione del diritto del condomino è sempre di labile e difficile individuazione ma ciò non toglie che l'assemblea abbia il potere/dovere di disporre quanto ritenga più utile ai fini della garanzia del corretto esercizio complessivo di quei medesimi diritti.
Tutela delle destinazioni d'uso
La legge di modifica della disciplina del condominio negli edifici ha inserito nel codice civile un articolo, l'art. 1117-quater, specificamente destinato a disciplinare la tutela delle destinazioni d'uso delle parti comuni.
Si pensi, per fare un esempio, all'area destinata a spazio giochi per i bambini che il condomino utilizzi anche per parcheggiare la propria moto, oppure all'androne comune, utilizzato da alcuni condòmini per parcheggiare le biciclette.
È utile, prima d'andare oltre, specificare che per destinazione d'uso, non s'intende solamente quella rinvenibile dalla documentazione condominiale (es. regolamento e/o atti d'acquisto e catastali) ma anche quella concretamente posta in essere dai condòmini.
Nei casi in cui le attività dei comproprietari incidono in maniera negativa e sostanziale sulle parti comuni, ciascun condomino, l'amministratore di propria iniziativa o su impulso dell'assemblea può agire in giudizio per ottenere la cessazione della violazione.
Si badi: non tutte le modalità d'uso differente, secondo la norma, sono sanzionabili, ma solamente quelle che incidono negativamente ed in modo sostanziale sulla destinazioni d'uso attualmente in essere.
Il comportamento sanzionabile, ai sensi dell'art. 1117-quater c.c., è quello che viola la destinazione d'uso, perché per il resto, ossia per condotte che non violano tale destinazione ma si limitano a comprimere il diritto degli altri, si fa sempre riferimento all'art. 1102 c.c. in quanto norma posta a protezione del pari diritto d'uso.
In entrambi i casi il regolamento condominiale può prevedere delle sanzioni pecuniarie (cfr. art. 70 disp. att. c.c.) e le eventuali controversie devono essere precedute da un tentativo di conciliazione.