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La gestione delle parti comuni comprende varie tipologie di interventi.
Il condominio infatti esiste in quanto abbia delle parti comuni, ed esiste proprio per prendersi cura delle stesse; il compito della decisione circa se e quali opere effettuare è ordinariamente demandato all'assemblea, che sarà convocata dall'amministratore (in via eccezionale, in caso di lavori straordinari urgenti, tale compito è esercitabile direttamente all'amministratore, ma questi dovrà poi riferirne alla prima assemblea utile (art. 1135 c.c.)); in realtà anche il singolo condomino può occuparsi direttamente dell'intervento, salvo poi rivalersi sul condominio, dimostrando l'urgenza dei lavori (art. 1134 c.c.).
Tra le tipologie di lavori ipotizzabili rinveniamo le opere di manutenzione, e tra queste, abbiamo sia opere ordinarie che opere straordinarie. Ancora, nell'ambito delle opere straordinarie, una categoria specifica è data dalle opere straordinarie di notevole entità.
Ai fini dell'esatta individuazione della maggioranza per una regolare approvazione assembleare, tra le opere di manutenzione straordinaria, solo per i lavori di notevole entità, è prescritta una maggioranza qualificata. Ai sensi dell'art. 1136, co. 4, infatti, le deliberazioni che riguardano (la ricostruzione dell'edificio o) riparazioni straordinarie di notevole entità devono essere sempre prese con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio. Cioè, la maggioranza prescritta normalmente solo per le delibere assunte in prima convocazione.
È bene tenere presente che sebbene la norma usi l'espressione riparazioni, in realtà il riferimento è dato alla categoria più generale della manutenzione (straordinaria).
La norma riguardante le maggioranze per le opere straordinarie di notevole entità è confermata dalla riforma del condominio, la quale nella nuova versione, ha aggiunto alle ipotesi già esistenti, (ricostruzione dell'edificio e riparazioni straordinarie di notevole entità) altre ipotesi, quali le deliberazioni di cui agli articoli 1117-quater (tutela delle destinazioni d'uso), 1120, secondo comma (innovazioni, ivi specificatamente indicate), 1122-ter (impianti di video sorveglianza sulle parti comuni) nonché 1135, terzo comma (partecipazioni e collaborazioni a progetti, programmi e iniziative territoriali), prescrivendo per tutte la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.
In seguito alla riforma, devono invece essere approvate dall'assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell'edificio le deliberazioni di cui all'articolo 1120, primo comma (innovazioni dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni), e all'articolo 1122-bis, terzo comma (impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili).
Fino alla riforma una prescrizione simile valeva solo per le deliberazioni riguardanti le innovazioni previste dal primo comma dell'articolo 1120, le quali dovevano essere sempre approvate con un numero di voti corrispondente alla maggioranza dei partecipanti al condominio (e non degli intervenuti, come oggi) e i due terzi del valore dell'edificio.
Le delibere assembleari possono essere contestate per annullabilità o per nullità. La differenza sostanziale tra i due vizi, da un punto di vista pratico, è data dai termini cui è soggetta l'impugnazione giudiziale della delibera. In caso di annullabilità, evidentemente il vizio minore tra i due, il termine è di trenta giorni, decorrenti dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti. Nel caso di nullità non vi è alcun termine: ne consegue che la sussistenza della nullità può essere contestata in ogni tempo. Dal punto di vista degli effetti, una deliberazione nulla non è in grado di produrre effetti giuridici, al pari di un contratto nullo. Una deliberazione annullabile, invece, se non impugnata nei termini previsti dall'art. 1137 diviene definitiva (Il condominio negli edifici, di A. Gallucci, Cedam, pag. 390).
Certo, starà al giudice rinvenire o meno la presenza del vizio della delibera e quindi questi potrà ritenere che vi è annulabilità e non nullità e nel caso rilevare la tardività dell'impugnazione.
La violazione delle norme in materia di maggioranze qualificate integra per consolidata giurisprudenza (dalla Cass. SS.UU. n. 4806/2005 in poi) un caso di annullabilità della delibera.
Come detto, è il giudice a dovere mettere l'ultima parola sulla legittimità o meno della delibera. Quanto più vaghi saranno i concetti giuridici in questione, tanto maggiore sarà la discrezionalità del giudice. Un caso tipico di ampia discrezionalità del giudice è proprio quello della individuazione della notevole entità dei lavori straordinari, concetto cardine, da cui dipenderà l'annullamento della delibera, se approvata con maggioranza inferiore a quanto prescritto dall'art. 1136, co.4, c.c.
Pertanto, per ottenere l'accoglimento della propria domanda in giudizio, il condomino dovrà dimostrare anche la notevole entità delle opere di manutenzione straordinaria.
Secondo la giurisprudenza, ai fini dell'individuazione della notevole entità, il giudice può tenere conto, senza vincoli, oltre che dell'ammontare complessivo dell'esborso necessario, anche del rapporto tra tale costo, il valore dell'edificio e la spesa proporzionalmente ricadente sui singoli condomini (v. da ultimo Cass. n. 25145 del 26 novembre 2014, ma anche Cass. n.26733/2008 e Cass. n.810/1999).
Nel giudizio civile è infatti onere della parte che attiva il giudizio dovere dimostrare i fatti posti a fondamento della propria domanda (art. 2697 c.c.).
Non si può infatti adire il giudice e ribaltare sulla controparte convenuta nel giudizio tale onere, sia pure in parte. Pertanto, nel caso di lavori straordinari in condominio, se si assume che questi siano stati deliberati in violazione delle norme sulla maggioranza, dovrà darsi prova non solo del carattere straordinario, ma anche della notevole entità. È stato stabilito che non sarà sufficiente appellarsi al principio di non contestazione e rilevare che la controparte non ha eccepito la mancanza di notevole entità.
È vero infatti che la non contestazione dei fatti affermati da controparte equivale ad affermarli, ma ciò non quando siano sostanzialmente in contestazione proprio quei fatti, se cioè ad esempio, il condominio ha approvato i lavori senza la maggioranza qualificata, non ritenendoli appunto straordinari e tanto meno di notevole entità (v. Cass. n. 25145/2014). A ben guardare, effettivamente, ciò comporterebbe, un ribaltamento dell'onere della prova.
Sarà infine il giudice, sulla scorta degli elementi probatori, a stabilire se sussiste o meno il requisito e, in mancanza (del requisito o delle prove circa il requisito), a rigettare la domanda. Così ha recentemente deciso la sentenza della Corte di Cassazione n. 25145 del 26 novembre 2014, per la quale l'individuazione, agli effetti dell'articolo 1136, quarto comma, cod. civ. (approvazione con maggioranza degli intervenuti rappresentanti metà del valore dell'edificio), della notevole entità delle riparazioni straordinarie è rimessa, in assenza di un criterio normativo, alla valutazione discrezionale del giudice di merito (al quale chi deduce l'illegittimità della delibera deve fornire tutti gli elementi utili per sostenere il suo assunto).
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