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Chi pensava che con l'intervento normativo del Decreto Fiscale Decreto Legge, 21 ottobre 2021, n. 146, collegato alla legge di Bilancio 2022, si fosse messa la parola fine in materia di esenzione Imu nel caso di nucleo familiare i cui componenti avessero stabilito residenza e dimora in abitazioni diverse, deve ricredersi alla luce dell'ultima pronuncia emessa dalla Corte Costituzionale del 13 ottobre 2022, n. 209.
Con tale sentenza, infatti, i Giudici delle Leggi hanno dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma con i principi ispiratori della nostra Costituzione.
Per avere un quadro più chiaro e circoscritto del tema sul quale si è pronunciata la Corte delle Leggi, occorre fare un passo indietro e ripercorrere, seppur per brevi cenni e per tratti essenziali, il presupposto impositivo ai fini IMU.
Come noto, tale imposta, la cui disciplina è, a oggi, contenuta essenzialmente nella c.d. Legge IMU, ovverosia la L. 27 dicembre 2019, n. 160, riguarda gli immobili riconducibili alle tipologie di fabbricati, area fabbricabile e terreni agricoli e, ai sensi dell'art. 8, primo comma, D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 sostituisce, la componente immobiliare, l'IRPEF e le relative addizionali (es. regionale, comunale) dovute sui redditi fondiari, relativi a beni immobili non locati.
Come per la previgente ICI anche con riferimento all'IMU è stata introdotta con il D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (Decreto Monti), l'esenzione dell'imposta per l'abitazione principale a partire dal periodo di imposta 2014, a condizione che sul medesimo immobile si stabilisca la residenza e la dimora abituale.
Sovente, per esigenze di lavoro o studio, gli appartenenti al medesimo nucleo familiare possono anche non vivere nello stesso immobile o stabilire la residenza in luoghi diversi.
Il dettato normativo, negli anni, si è dovuto adattare alle evoluzioni sociali che hanno interessato anche il comparto familiare, oggi come oggi, diversamente inteso.
Il D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 è dunque intervenuto sul punto, stabilendo che l'esenzione IMU è riconosciuta per l'abitazione principale, ovverosia per l'immobile ove il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente.
In altri termini, per avere diritto all'esenzione IMU occorre che l'intero nucleo familiare risieda e dimori nella stessa abitazione.
La situazione cambia ulteriormente con l'introduzione del citato Decreto fiscale, il quale si inserisce in un lungo e controverso dibattito giurisprudenziale, che in molte occasioni aveva applicato letteralmente il dettato normativo, disconoscendo dunque l'esenzione IMU nei casi in cui gli appartenenti al nucleo familiare avessero stabilito la residenza o il domicilio in abitazioni diverse.
Altra nutrita giurisprudenza invece riteneva applicabile l'esenzione dal pagamento dell'imposta, in ogni caso anche con riferimento a entrambe le abitazioni degli appartenenti al nucleo familiare.
Il Decreto fiscale si inserisce in tale controverso contesto giurisprudenziale, stabilendo che nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale o in comuni diversi, le agevolazioni per l'abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile, scelto dai componenti del nucleo familiare.
La scelta è lasciata al contribuente che deve formalizzarla in sede di dichiarazione IMU riferita al periodo di imposta 2022, barrando il campo 15 relativo all'esenzione e riportando nelle annotazioni la dicitura Abitazione principale scelta dal nucleo familiare ex art. 1, comma 741, lett. b), della legge n. 160 del 2019.
Qualche giorno fa, la sentenza corte costituzionale sull'IMU ha completamente ribaltato le carte in tavola.
I giudici delle leggi sono nuovamente tornati sulla questione, sollevata con un ricorso imu per la residenza coniugi in due comuni diversi, affermando l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 comma 741 lett. b) della L. 160/2019, nella parte in cui stabilisce la necessaria sussistenza dei requisiti di residenza anagrafica e dimora abituale non solo al possessore dell'immobile, ma anche ai componenti del suo nucleo familiare.
Tale previsione, secondo la Corte, è contraria ai principi fondanti di uguaglianza e ragionevolezza ex art. 3 della Costituzione, poiché pone su piani diversi in termini di benefici fiscali i contribuenti che formalizzano la propria unione rispetto ad altri contribuenti come coppie di fatto che, pur trovandosi nelle medesime condizioni, in forza del nuovo dettato normativo non avrebbero diritto.
La Corte chiarisce che non sussistono motivi tali da giustificare un diverso trattamento ai fini imu esenzione per i coniugi con residenza anagrafica e dimora abituale in due immobili differenti.
Per tali ragioni la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma che prevede che l'intero nucleo familiare sia residente e dimori nello stesso immobile, cioè la contrarietà di tale norma ai principi costituzionali.
Come noto, la dichiarazione di incostituzionalità di una norma non è priva di conseguenze da un punto di vista giuridico.
A seguito della sentenza, infatti, la norma non può più essere applicata, con il risultato che sulla base di tale dichiarazione di incostituzionalità possono essere eventualmente presentate all'Amministrazione finanziaria competente richieste di rimborso.
Al riguardo, tuttavia, è prevedibile un prossimo pronunciamento da parte dell'Amministrazione finanziaria per conoscere in che termini e con quali modalità tale sentenza verrà recepita dal Fisco, soprattutto con riferimento ai rapporti a oggi pendenti.
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