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21 Giugno 2017 ore 16:26 - NEWS Assemblea di condominio |
Il decreto ingiuntivo, ci dicono dottrina e giurisprudenza, è un provvedimento giudiziale emettibile inaudita altera parte, ossia senza contraddittorio e come specifica l'art. 633 del codice di procedura civile in ragione dell'esistenza di un credito certo, liquido ed esigibile.
Il credito è certo quando non è contestato, liquido quando determinato nel suo ammontare (o comunque facilmente determinabile) ed esigibile quando è scaduto.
Date specifiche caratteristiche – ad esempio credito fondato su cambiale, su un assegno bancario o circolare (art. 642 c.p.c.) – il decreto ingiuntivo ove richiesto dal ricorrente può essere munito della provvisoria esecutività, cioè della formula che consente anche durante la pendenza del termine di opposizione (quaranta giorni dalla notifica) ed eventualmente durante lo stesso giudizio di opposizione di proporre azioni esecutive contro il debitore.
In ambito condominiale, si fa ricorso al decreto ingiuntivo per recuperare le somme dovute dai condòmini morosi. Le regole per la richiesta di emissioni del provvedimento sono le stesse dettate a livello generale, con una specificazione contenuta nell'art. 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile.
Tale norma specifica che per riscuotere i contributi sulla base dello stato di riparto approvato dall'assemblea, l' amministratore può ottenere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.
Fondamentale, quindi, è la delibera di approvazione della spesa e del suo riparto; al riguardo, è comunque da segnalare che la Suprema Corte di Cassazione non ritiene fondamentale il piano di ripartizione (Cass. 23 febbraio 2017 n. n. 4672).
Non mancano prassi locali tese a distinguere ai fini della concessione della provvisoria esecutività tra decreti ingiuntivi richiesti per onere condominiali ordinari o per spese straordinarie, rispetto alle quali questa formula è negata. Non c'è ragione giuridica di sorta alla base di questa presa di posizione ove la spesa e il riparto siano stati approvati dall'assemblea.
Il codice civile (art. 1129) impone all'amministratore, salvo dispensa assembleare, di procedere con l'azione di recupero coatto del credito (eventualmente quindi anche con un ricorso per decreto ingiuntivo) contro i condòmini morosi quando siano trascorsi sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso.
È molto probabile che un decreto ingiuntivo per oneri condominiali sia richiesto sulla base del rendiconto e relativo piano di ripartizione approvato dall'assemblea.
Il rendiconto, è bene ricordarlo, è quel documento complesso (art. 1130-bis c.c.) che l'amministratore è tenuto a predisporre e presentare all'assemblea entro centottanta giorni dalla chiusura dell'esercizio per rendere il conto della propria gestione.
Il rendiconto, in sostanza, dice ciò che è stato speso, quanto e come va ripartito tra i condòmini, unendo a ciò un'analisi sulla situazione finanziaria complessiva del condominio .
Se non vi sono dubbi sulla possibilità di porre a base di una richiesta di decreto ingiuntivo un rendiconto condominiale approvato dall'assemblea, altrettanto può dirsi per il preventivo di gestione fintanto che non venga sostituito dal suddetto rendiconto (si veda ad es. Cass. 4 febbraio 2016 n. 2242).
Ad avviso di chi scrive, stando alle pronunce giurisprudenziali (si veda ad esempio Cass. 26 febbraio 2017 n. n. 4672) non è da escludersi nemmeno la possibilità di chiedere un decreto ingiuntivo sulla base di una spesa non approvata dall'assemblea, ma ad esempio ordinata dall'amministratore sulla base dei propri poteri o riguardante un rapporto contrattuale in essere: si pensi per quest'ultimo caso alle fatture inviate dall'ente erogatore il servizio idrico.
L'assenza di piano di ripartizione approvato dall'assemblea, in questi casi, incide solamente sulla possibilità di domandare la provvisoria esecutività, ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., o meglio sulla possibilità di ottenerla.
Prima di procedere al deposito di un ricorso per ingiunzione di pagamento è necessario inviare al condòmino moroso un sollecito di pagamento?
Prassi vuole che questo avviso sia inviato direttamente dall'amministratore, oppure dall'avvocato investito della pratica di recupero crediti. Si tratta, come detto, di una prassi che, salvo particolari accordi contenuti in un regolamento contrattuale, non è obbligatorio seguire.
Ciò vuol dire che l'amministratore potrebbe provvedere a richiedere per il tramite del legale direttamente il decreto ingiuntivo senza formale messa in mora.
Tanto si desume leggendo art. 1219, secondo comma n. 3, c.c. a mente del quale la costituzione in mora non serve quando il termine di pagamento (solitamente il preventivo approvato indica la scadenza delle singole rate, così come il consuntivo il termine di pagamento dei conguagli) è scaduto e l'adempimento dev'essere effettuato presso il domicilio del creditore (nel caso di condominio coincidente con lo studio dell'amministratore).
In un caso risolto dalla Cassazione nel quale l'amministratore non aveva fatto precedere l'azione legale da un sollecito stragiudiziale, così come previsto dal regolamento condominiale, i giudici hanno sentenziato che quella mancanza non era in grado d'inficiare la regolarità dell'azione legale, ma al massimo costituiva un inadempimento rispetto ad un obbligo contrattuale (Cass. 14 aprile 2013 n. 9181).
Rispetto alla fase stragiudiziale di recupero del credito è bene precisare due aspetti su questioni ricorrenti:
a) il costo del sollecito di pagamento inviato dall'amministratore, salvo adempimento spontaneo da parte del condomino, non può essergli addebitato con decisione assembleare che lo veda contrario;
b) le competenze richieste dall'avvocato per la prestazione della propria opera, in mancanza di provvedimento giudiziale di condanna, gravano sul condominio (il cliente dell'avvocato) sulla base dei millesimi di proprietà escluso il condòmino moroso (in questo caso controparte del condominio).
Che succede se il condòmino paga le spese condominiali dopo il deposito del ricorso e prima della notifica del decreto?
Al riguardo non è possibile dare una risposta certa, come si suole dire, al 100%. La questione riguarda principalmente i costi legati all'azione giudiziaria (spese di giustizia e compensi avvocato).
Il ragionamento che ritroviamo in una sentenza del Tribunale di Firenze è pressappoco questo: il condomino moroso deve pagare le spese liquidate nel decreto ingiuntivo, ma il condominio che ha diritto ad ottenerle non deve farlo notificando il decreto al fine di azionarlo per queste spese, ma proporre altra causa per i danni (cfr. Trib. Firenze 30 settembre 2014).
Il punto della discordia ruota tutto intorno al concetto di instaurazione del contradittorio nell'ambito dei procedimenti inaudita altera parte e delle conseguenze dell'inadempimento per il creditore. Se è abbastanza pacifico che il contraddittorio si instaura con la notifica dell'atto ingiuntivo e non con il deposito del ricorso da parte del creditore, è altrettanto vero che la legge pone in capo al debitore le conseguenze dell'inadempimento (art. 1218 c.c.) e tra queste vi sono le spese sostenute dal condominio per attivare la via giudiziale.
È il come debbano essere pagate queste spese che non è chiaro: insomma chi notifica il decreto ingiuntivo, sia pur solo per ottenere le spese ivi liquidate dopo il pagamento, perché aveva depositato il ricorso prima di esso, rischia di vedersi notificata a sua volta l'opposizione.
Contro chi indirizzare l'azione ingiuntiva per il recupero delle spese condominiali?
La domanda ha appassionato per lungo tempo gli operatori della materia o meglio ha portato al dilemma: è lecita l'azione contro il così detto condòmino apparente?
Il condòmino è il proprietario dell'unità immobiliare ubicata nell'edificio, il condòmino apparente colui che si relaziona con l'amministratore (partecipazione assemblea, ecc. ecc.).
La Suprema Corte di Cassazione, a Sezioni Unite (sent. n. 5035/02) sancì l'inapplicabilità al condominio del principio dell'apparenza.
Il condomino non è terzo rispetto alla compagine cui partecipa e l'amministratore può sempre verificare tramite i pubblici registri immobiliari chi è il reale proprietario contro il quale indirizzare l'azione legale. Insomma decreto ingiuntivo solamente contro chi è proprietario e non contro chi appare tale.
Il principio è ancora rispettato anche se c'è da dire che la legge n. 220 del 2012 (la riforma del condominio) l'ha, ad avviso dello scrivente, parzialmente ridimensionato, posto che ai sensi dell'63, quinto comma, disp. att. c.c. chi cede un'unità immobiliare è obbligato in solido con chi l'acquista verso il condominio fintanto che non sia comunicato all'amministratore copia autentica dell'atto notarile di vendita.
Contro il decreto ingiuntivo, ricorda l'art. 645 del codice di procedura civile, è possibile proporre opposizione entro quaranta giorni dalla data di notificazione.
L'opposizione non sospende la provvisoria esecutività, ove sia stata concessa, ma chiaramente con la stessa è possibile richiederla.
Il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo condominiale non dev'essere confuso con un strumento di contestazione della delibera.
Al riguardo la giurisprudenza è chiarissima: il giudizio di opposizione serve a verificare l'esistenza e l'efficacia della delibera su cui si fonda, ma non ha nulla a che vedere con la valutazione della validità del deliberato.
Chi ritiene una delibera viziata la deve impugnare nei modi e nei tempi previsti dall'art. 1137 c.c. (eventualmente anche con una domanda riconvenzionale nell'ambito del procedimento di opposizione al decreto, ove ne ricorrano i presupposti).
In buona sostanza nel giudizio di opposizione il condòmino può contestare il credito affermando che la delibera sul quale si fonda è stata sostituita da un'altra, che il pagamento era già avvenuto, ma non che la delibera è viziata perché non è stato convocato, per errori nella procedura di convocazione, ecc.
Fanno eccezione l'ipotesi di nullità delle delibere, che può essere fatta valere anche nel giudizio di opposizione a decreto (Cass.12 gennaio 2016 n. 305).
L'esistenza di un giudizio d'impugnazione della delibera, ove non vi sia sospensione del deliberato, non incide su quello di opposizione a decreto ingiuntivo fintanto che non sia concluso (Cass. 26 febbraio 2017 n. 4672).
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