Per curare l'osservanza del regolamento condominiale, l'amministratore può prendere ogni iniziativa utile, compresa una causa preceduta dal tentativo di mediazione.
Osservanza del regolamento condominiale
Uno dei condomini non rispetta il regolamento condominiale; amministratore si dia da fare!
Chissà quante volte abbiamo pronunciato o sentito pronunciare questa frase. Attenzione, una volta che il vostro legale rappresentante è a conoscenza di violazioni del regolamento condominiale, egli potrebbe decidere di trascinare in Tribunale il vostro vicino scorretto senza bisogno di autorizzazione assembleare anche se non può sottacersi che la così detta mediazione condominiale ha complicato e non poco l'esercizio di tale potere.
L'azione legale autonoma, che ad avviso dello scrivente non può essere messa in dubbio, in passato è stato messa in discussione in una controversia risolta dalla Corte di Cassazione (sent. n. 11841 del 12 luglio 2012).
Gli ermellini, in quell'occasione, hanno dato conferma a quello che è il loro consolidato orientamento: l'attribuzione dell'amministratore riguardante l'osservanza del regolamento condominiale (art. 1130 c.c.) si sostanzia anche nella possibilità di farlo rispettare promuovendo autonomamente un giudizio.
Il tutto nasceva da un'obiezione del ricorrente: l'amministratore non ha la legittimazione a stare in giudizio perché non aveva chiesto all'assemblea l'autorizzazione a farlo. Egli, prosegue il promotore del ricorso, è un organo eventuale del condominio ed essendo tale non ha poteri propri per promuovere una causa, nemmeno per ciò che concerne il rispetto del regolamento condominiale.
Questa tesi, a dire del suo fautore, era suffragata dalla sentenza n. 18331 delle Sezioni Unite resa il 6 agosto 2010. Nient'affatto, gli replicano i giudici di piazza Cavour la controversia su cui si sono pronunciate le S.U. con la sentenza n. 18331/10, esulava da quelle in relazione alle quali l'amministratore condominiale è autonomamente legittimato ex art. 1131, primo comma c.c., rientrando, invece, nel novero delle cause aventi ad oggetto le parti comuni dell'edificio e la relativa responsabilità da custodia.
In tal senso ed entro siffatta cornice di riferimento va letto il principio di diritto enunciato dalle S.U., secondo cui l'amministratore condominiale, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni ma essendo tenuto a dare senza indugio notizia all'assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell'art. 1131 secondo e terzo comma c.c., può costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea, che è suo onere richiedere poi in ratifica del suo operato per evitare la pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione.
Nell'ambito dell'esecuzione delle delibere condominiali, attività che ai sensi dell'art. 1130, primo comma, n. 1) c.c. rientra nelle normali attribuzioni dell'amministratore, questi, invece, può agire in giudizio sia contro i condomini, sia contro i terzi, come prevede il primo comma dell'art. 1131 c.c. (cfr. in tema, Cass. nn. 27292/05, 14665/99, 4900/98, 2452/94 e 12125/92) (Cass. 12 luglio 2012, n. 11841).
Insomma se avvisate l'amministratore di violazioni del regolamento condominiale non vi lamentate se poi vi trovate invischiati in una causa e prima in una procedura di conciliazione: è tutto lecito!
Regolamento e procedimento mediazione
È bene ricordare che in materia condominiale, ai sensi di quanto disposto dall'art. 71-quater disp. att. c.c. e dal d.lgs n. 28/2010, le controversie inerenti l'osservazione del regolamento di condominio sono soggette al tentativo obbligatorio di conciliazione.
Che cosa vuol dire? Che la causa non può iniziare (così detta condizione di procedibilità) se prima di essa la parte interessata (l'amministratore o uno dei condomini) non ha adito un organismo di mediazione presente nel circondario dell'ufficio giudiziario competente per la controversia.
Sul punto è utile ricordare che l'amministratore può attivare questo procedimento solamente se autorizzato dall'assemblea, che deve decidere in tal senso con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti ed almeno 500 millesimi.
In buona sostanza ci si trova davanti ad una situazione contraddittoria: per iniziare la causa l'amministratore non ha necessità di autorizzazione assembleare, ossia può agire d'ufficio, mentre per tentare la conciliazione, operazione che poi serve per poter eventualmente iniziare la causa, sì. Si badi: non stiamo facendo riferimento alla decisione sull'accordo con la controparte (in quel caso ha una sua fondata ragione la scelta di rimettere all'assemblea la decisione sull'adesione alla conciliazione) ma solamente dell'incipit del procedimento.
Stando così le cose, infatti, negare l'autorizzazione ad adire un organismo di mediazione altro non vuol dire che – stante l'obbligatorietà di tale procedimento – bloccare l'azione legale dell'amministratore condominiale finalizzata all'osservanza del regolamento.