Eliminare le barriere architettoniche vuol dire rendere un edificio liberamente fruibile anche a persone portatrici di handicap. Che cosa fare nel caso di condominio?
Barriere architettoniche
Può accadere, soprattutto in quei fabbricati di non recente costruzione, che alcune parti comuni dello stabile siano strutturate in modo tale da rendere difficoltosa, o addirittura impossibile, la fruibilità dell'edificio ai portatori di handicap.
Si pensi, tra gli inconvenienti più comuni:
a) alla mancanza di una rampa in corrispondenza dei gradini posti subito prima o immediatamente dopo il portone d'ingresso;
b) allo stesso portone d'ingresso troppo stretto;
c) alla cabina dell'ascensore inadeguata.
Che cosa è possibile fare in questi casi?
Per rendere pienamente fruibile il condominio, soprattutto nelle circostanze rappresentate, sarebbe necessario operare una serie di modificazioni strutturali dello stabile.
Questi interventi rappresentano delle vere e proprie innovazioni.
Fino al 1989 sarebbe stato necessario il voto favorevole della maggioranza dei condomini e 2/3 dei millesimi.
L'interessato avrebbe potuto agire in proprio, ex art. 1102 c.c., ma si sarebbe dovuto accollare la spesa per intero e il rischio d'incorrere in contestazioni per le opere effettuate.
A partire dal 1989, con la legge n. 13 (oggi in parte trasfusa nel D.P.R. n. 380/01 così detto testo unico per l'edilizia), il legislatore ha previsto delle deroghe a queste maggioranze; i quorum deliberativi sono stati, poi, oggetto d'ulteriore revisione (non senza sollevare qualche perplessità) ad opere della così detta riforma del condominio.
La ratio del provvedimento è stata proprio quella di favorire il compimento di interventi finalizzati ad eliminare gli ostacoli strutturali presenti in alcuni edifici, che, come si è detto all'inizio, sono spesso in grado di diminuire o escludere completamente la fruibilità degli stessi da parte di persone disabili.
Si tratta sostanzialmente dell'incentivazione alla così detta eliminazione delle barriere architettoniche.
L'art. 2 della legge 13 recita:
Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all'articolo 27, primo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, ed all'articolo 1, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e la installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi all'interno degli edifici privati, sono approvate dall'assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dal secondo comma dell' articolo 1120 del codice civile
Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, le deliberazioni di cui al comma 1, i portatori di handicap , ovvero chi ne esercita la tutela o la potestà di cui al titolo IX del libro primo del codice civile, possono installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare l'ampiezza delle porte d'accesso, al fine di rendere più agevole l'accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garages.
Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, del codice civile.
La legge n. 220/2012 (la riforma del condominio) è intervenuta parificando, in relazione a prima e seconda convocazione, i quorum deliberativi necessari per decidere le innovazioni volte all'eliminazione delle barriere architettoniche.
Praticamente, l'assemblea può deliberare le innovazioni finalizzate all'eliminazione delle barriere architettoniche con il seguente quorum: la maggioranza degli intervenuti all'assemblea e 500 millesimi.
Si tratta, dicevamo in precedenza, di un leggero innalzamento del quorum poiché nel vigore della precedente disciplina, in seconda convocazione era sufficiente il voto favorevole di 1/3 dei partecipanti al condominio e di 1/3 dei millesimi.
È necessario che un soggetto portatore di handicap risieda nello stabile? La risposta, stando al parere degli studiosi della materia e della giurisprudenza, è negativa.
Ciò significa, dunque, che si possono deliberare le innovazioni comportanti l'eliminazione delle barriere architettoniche anche in assenza di condomini disabili.
Rimedi nel caso di inerzia assembleare per eliminazione barriere
L'art. 2 della legge n. 13 del 1989 si sofferma anche su quei casi rispetto ai quali il condomino disabile ha necessità d'intervenire sulle parti comuni per garantirsi l'accesso alla propria abitazione ma l'assemblea sia inerte in merito.
In tali circostanze, infatti, gli interessati potrebbero, nei tempi indicati dal secondo comma dell'art. 2 l. n. 13/89, far installare servoscala e dispositivi simili, nonché compiere le opere utili a rendere più comodo l'accesso agli edifici.
Si fa salva l'applicazione della disciplina delle innovazioni vietate (perché ad esempio lesive della stabilità del fabbricato, art. 1120, secondo comma, c.c.) e il subentro nel caso di innovazioni suscettibili d'utilizzazione separata (art. 1121, terzo comma, c.c.).
La legge, infine, prevede una serie d'agevolazioni di carattere amministrativo per accelerare l'esecuzione di queste opere.
Resta salvo, ove possibile, il diritto del condomino d'installare sulle parti comuni a proprie spese, ai sensi dell'art. 1102 c.c., un ascensore a suo uso esclusivo (cfr. Cass. 16 maggio 2014 n. 10852).