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In caso di acquisto di un immobile con agevolazione prima casa è lecito chiedersi cosa succeda qualora emerga un abuso edilizio.
Supponiamo che dopo l'acquisto dell'immobile non si riesca a trasferire la residenza entro i termini richiesti dalla legge perché, ad esempio, si è in attesa del rilascio del permesso in sanatoria da parte del Comune.
Sorge il dubbio che tale ritardo possa comportare la decadenza dal beneficio fiscale.
Al quesito dà risposta la Corte di Cassazione mediante sentenza n. 20355 del 16 luglio 2021 con la quale viene accolto un ricorso dell'Agenzia delle Entrate contro il provvedimento della Commissione Tributaria Regionale che, negando la decadenza, aveva dato ragione al contribuente.
Ma andiamo con ordine e vediamo in primo luogo in quali casi si può decadere dal beneficio prima casa.
Prima di entrare nel merito della vicenda esaminata dalla Corte di Cassazione riepiloghiamo brevemente quelle che sono le situazioni che possono comportare la perdita delle agevolazioni prima casa fruite in caso di acquisto di un immobile:
Poniamo ora particolare attenzione all'ultimo punto considerato e ci domandiamo quali siano le conseguenze in caso di impossibilità di trasferimento della residenza dovuta alla scoperta di un abuso edilizio che, per motivi burocratici, non può essere sanato entro il termine richiesto.
Ipotizziamo che nell'atto di compravendita il contribuente si era impegnato a trasferire la residenza nel Comune dove è situata l'abitazione acquistata nel termine di 18 mesi.
È quanto accaduto al protagonista della vicenda che, una volta scoperta l'esistenza sull'immobile di un abuso edilizio, aveva provveduto immediatamente a presentare domanda di sanatoria dell'abuso.
In mancanza di sanatoria e di conseguente impossibilità ad effettuare il trasferimento della residenza presso l'immobile, è possibile far valere la circostanza di forza maggiore e mantenere così le agevolazioni prima casa?
L'Agenzia delle Entrate nega questa possibilità e propone ricorso avverso la sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale aveva invece accolto l'appello del contribuente.
L'Amministrazione finanziaria censurava proprio il fatto che i giudici della CTR, nella fattispecie, avessero riconosciuto la sussistenza di causa di forza maggiore, in relazione agli abusi edilizi commessi dal precedente proprietario.
La vicenda giunge così dinnanzi alla Corte di Cassazione che accoglie il ricorso e revoca il beneficio fiscale al contribuente che, per mancanza della concessione in sanatoria da parte del Comune nei tempi necessari, non era riuscito a trasferire la residenza entro i termini previsti.
Prima di entrare nel merito delle conclusioni cui è giunta la Corte di Cassazione specifichiamo che nel caso considerato, dopo l'avvenuto acquisto, viene scoperta la presenza di un abuso edilizio di lieve entità e come tale sanabile.
In caso di concessione in sanatoria da parte del Comune le agevolazioni prima casa non sono precluse.
Nella fattispecie considerata, tuttavia, la sanatoria dell'abuso non è stata concessa entro i termini necessari a impedire la decadenza.
Affinché la revoca dal beneficio non avvenga è necessario che si verifichi un evento imprevedibile che non sia imputabile al contribuente. Sono tali le lungaggini degli uffici pubblici che, per motivi burocratici, non riescono in tempo a evadere le istanze dei contribuenti?
Secondo i Giudici di legittimità le lungaggini burocratiche devono essere messe in conto dal contribuente e dunque non servono a giustificare il mancato trasferimento della residenza nel termine di 18 mesi dall'acquisto.
In sostanza, il ritardo del Comune nell'accogliere la richiesta del contribuente non costituisce un'oggettiva situazione di fatto ostativa all'utilizzo dell'immobile come abitazione.
Questo sta a significare che il compratore dell'immobile sul quale è stato commesso un abuso edilizio (dal precedente proprietario) deve aver accettato il rischio del diniego della concessione, o di eventuale ritardo nel rilascio della stessa.
Nella fattispecie, tra l'altro l'acquirente era ignaro dell'abuso commesso e ne è venuto a conoscenza solo qualora sono stati bloccati dal Comune i lavori di ristrutturazione da lui intrapresi sull'immobile acquistato. Neanche tale circostanza è valsa a impedire la revoca del beneficio fiscale.
Tra l'altro la legge non impone il trasferimento nell'immobile acquistato bensì, più genericamente, nel Comune dove lo stesso è situato.
Sono del tutto evidenti le conseguenze significative delle affermazioni della Corte di Cassazione poiché il ritardo del Comune non rappresenta una causa esterna imprevedibile e inevitabile e, posta a carico del contribuente, comporta la decadenza dalle agevolazioni fiscali in precedenza fruite.
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