Le tabelle millesimali
Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 18477 del 9 agosto 2010, hanno messo la parola fine, si spera, al contrasto giurisprudenziale che tra quelli in materia di condominio era sicuramente il più foriero d'incertezze e contenziosi: il riferimento è alle maggioranze necessarie per l'approvazione delle tabelle millesimali.
Secondo la Corte regolatrice, le tabelle millesimali, che tra le altre cose sono un allegato al regolamento di condominio, sono validamente approvate anche con delibera adottata a maggioranza, e più in particolare, dalla maggioranza degli intervenuti all'assemblea che rappresentino almeno la metà del valore dell'edificio, non essendo necessario il consenso di tutti i comproprietari.
A leggere le motivazioni della sentenza non può non condividersi il ragionamento sviluppato dal giudice estensore.
Il risultato, l'approvazione a maggioranza per l'appunto, è il frutto di una serie di considerazioni – fondate sull'attuale sistema normativo che disciplina il condominio degli edifici e sulle connessioni tra queste ed il concetto di negozio giuridico – la cui logica conseguenza è l'attrazione dell'approvazione delle tabelle millesimali tra le materie di competenza assembleare.
Vale la pena riportare i passaggi cruciali della pronuncia, che saranno alternati, laddove necessario, a un breve commento esplicativo.
Per lungo tempo questa S.C. ha ritenuto che per l'approvazione o la revisione delle tabelle millesimali è necessario il consenso di tutti i condomini; ove tale consenso unanime manchi, alla formazione delle tabelle provvede il giudice su istanza degli interessati, in contraddittorio con tutti i condomini (cfr. in tal senso: sent. 5 giugno 2008 n. 14951; 19 ottobre 1988 n. 5686; 17 ottobre 1980 n. 5593; 18 aprile 1978 n. 1846; 8 novembre 1977 n. 4774; 6 marzo 1967 n. 520). (Cass. SS.UU. 9 agosto 2010 n. 18477).
Questa presa di posizione era basata sulla convinzione che le tabelle millesimali fossero riconducibili nell'ambito della categoria del negozio giuridico e più nello specifico, non avendo la sua approvazione contenuto patrimoniale, nell'ambito dei così detti negozi di accertamento.
La Cassazione ha ritenuto di sconfessare questo orientamento che, fino alla sentenza in esame, era indubbiamente quello maggioritario.
Secondo la Corte regolatrice in ordine all'argomento secondo il quale la determinazione dei valori della proprietà di ciascun condomino e la loro espressione in millesimi è regolata direttamente dalla legge, per cui non rientra nella competenza dell'assemblea, si può obiettare che:
a) la legge non regola le concrete modalità di determinazione dei millesimi, ma si limita a stabilire che essi debbono essere espressione del valore di ogni piano o porzione di piano, escludendo l'incidenza di determinati fattori (art. 68 disp. att. c.c.);
b) se la determinazione dei valori delle singole unità immobiliari e la loro espressione in millesimi fosse effettivamente regolata dalla legge, nel senso di escludere ogni margine di discrezionalità, non si comprenderebbe per quale motivo le tabelle millesimali dovrebbero essere necessariamente approvate all'unanimità o formate in un giudizio da svolgere nel contraddittorio di tutti i condomini, potendo, in teoria, addirittura provvedere l'amministratore.
L'affermazione che la necessità della unanimità dei consensi dipenderebbe dal fatto che la deliberazione di approvazione delle tabelle millesimali costituirebbe un negozio di accertamento del diritto di proprietà sulle singole unità immobiliari e sulle parti comuni è in contrasto con quanto ad altri fini sostenuto nella giurisprudenza di questa S.C. e cioè che la tabella millesimale serve solo ad esprimere in precisi termini aritmetici un già preesistente rapporto di valore tra i diritti dei vari condomini, senza incidere in alcun modo su tali diritti (sent. 25 gennaio 1990 n. 431; 20 gennaio 1977 n. 298; 3 gennaio 1977 n. 1; nel senso che non è richiesta la forma scritta per la rappresentanza di un condomino nell'assemblea nel caso in cui questa abbia per oggetto la approvazione delle tabelle millesimali, in quanto tale approvazione, quale atto di mera natura valutativa del patrimonio ai limitati effetti della distruzione del carico delle spese condominiali, nonché della misura del diritto di partecipazione alla formazione della volontà assembleare del condominio, non è idonea a incidere sulla consistenza dei diritti reali a ciascuno spettanti, cfr. sent. 28 giugno 1979 n. 3634)”. (così Cass. SS.UU. 9 agosto 2010 n. 18477).
In ragione di ciò, proseguono i giudici di piazza Cavour quando poi, i condomini approvano la tabella che ha determinato il valore dei piani o delle porzioni di piano secondo i criteri stabiliti dalla legge, non fanno altro che riconoscere l'esattezza delle operazioni di calcolo della proporzione tra il valore della quota e quello del fabbricato; in sintesi, la misura delle quote risulta determinata in forza di una precisa disposizione di legge (Cass. ult. cit.).
Sostanzialmente, quindi, la tabella (il riferimento è a quella di proprietà ma il discorso vale anche per quelle cosìddette d'uso, es. quelle ex artt. 1124, 1126 c.c.), conforme ai criteri legali di ripartizione delle spese, non può in nessuno modo configurare un negozio che va a incidere sulla proprietà del condomino poiché esse certificano solamente che un determinato valore millesimale (che esiste per legge art. 1118 c.c.) riportato nella tabella è quello effettivo.
In questo contesto, pertanto, la deliberazione che approva le tabelle millesimali non si pone come fonte diretta dell'obbligo contributivo del condomino, che è nella legge prevista, ma solo come parametro di quantificazione dell'obbligo, determinato in base ad un valutazione tecnica; caratteristica propria del negozio giuridico è la conformazione della realtà oggettiva alla volontà delle parti: l'atto di approvazione della tabella, invece, fa capo ad una documentazione ricognitiva di tale realtà, donde il difetto di note negoziali (così Cass. SS. UU. 9 agosto 2010 n. 18477).
Approvazione a maggioranza delle tabelle
Il convincimento dell'approvazione a maggioranza delle tabelle e quindi, di conseguenza, della competenza dell'assemblea a farlo, oltre che da ragioni attinenti la natura delle tabelle può essere tratta anche solamente dal disposto normativo vigente.
È stato evidenziato, infatti, che se si tiene presente che tali tabelle, in base all'art. 68 disp. att. c.c., sono allegate al regolamento di condominio, il quale, in base all'art. 1138 c.c., viene approvato dall'assemblea a maggioranza, e che esse non accertano il diritto dei singoli condomini sulle unità immobiliari di proprietà esclusiva, ma soltanto il valore di tali unità rispetto all'intero edificio, ai soli fini della gestione del condominio, dovrebbe essere logico concludere che tali tabelle vanno approvate con la stessa maggioranza richiesta per il regolamento di condominio (Cass. ult. cit.).
Il condomino dissenziente non sarebbe comunque sprovvisto di tutela, potendo impugnare la deliberazione o comunque, nel caso di dissenso in relazione alle quote millesimali riportate nell'approvata tabella, chiederne la revisione, ex art. 69 disp. att. c.c.
I riflessi pratici di questa svolta nella concezione delle tabelle millesimali non sono affatto di poco conto. L'approvazione e la revisione di tabelle (si ribadisce di tutti i tipi di tabelle) già esistenti, risulterà molto più rapida e veloce poiché più facile ottenere il consenso della maggioranza degli intervenuti all'assemblea che rappresentino almeno 500 millesimi piuttosto che il consenso di tutti, con evidente risparmio in termini di tempo e di denaro.