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Tra i contenuti della prima bozza del decreto Milleproroghe di recente varato c'era anche l'ennesimo rinvio della data di messa al bando dei tanto famigerati sacchetti di plastica, fissata al primo gennaio 2010 e poi prorogata di un anno.
L'Italia è uno dei maggiori consumatori delle sportine in plastica che, per essere smaltite, richiedono un periodo di almeno 200 anni, senza contare le tonnellate di petrolio che vengono utilizzate per la loro produzione, per cui risultano un peso piuttosto gravoso sull'ambiente.
C'è poi il problema della loro tossicità: le buste contengono spesso coloranti per le scritte cancerogeni e usano metalli come additivi che vengono poi rilasciati in ambiente e, di conseguenza, negli organi degli esseri viventi.
I sacchetti si frantumano, sono trasportati dal vento ma non si distruggono: spesso si concentrano in mare in aree estremamente estese. Molto noto è il cosiddetto Pacific Vortex, una vera e propria isola situata a Nord delle Hawaii che ha un'estensione variabile tra i 700 mila e i 10 milioni di Kmq.
Per fortuna, grazie alla pressione delle associazioni ambientaliste e all'intervento del Ministro per l'ambiente Stefania Prestigiacomo, la proroga è stata scongiurata e pertanto dal primo gennaio prossimo i sacchetti non dovrebbero essere più in produzione.Dal prossimo anno, quindi, essi dovrebbero sparire progressivamente dai negozi, per essere sostituiti da sacchetti confezionati con prodotti biodegradabili, come carta, iuta e bioplastica.
Usiamo il condizionale perché non mancano incertezze e confusione per negozianti e produttori, poichà non esistono norme precise in materia, soprattutto non ci sono decreti attuativi che stabiliscano legalmente la data in vigore del divieto, le sanzioni per chi non rispetta le prescrizioni ed anche la definizione precisa di ciò che si può definire biodegradabile.Anche la plastica, infatti, può essere considerata tale, anche se su tempi lunghissimi. Gli stessi sacchetti realizzati in materiali naturali, poi, anche se si dissolvono in ambiente senza lasciare traccia, se smaltiti in maniera scorretta, possono finire in mare e soffocare i cetacei che li scambiano per cibo.
Uno dei modi più comuni per riusare i sacchetti di plastica è poi quello di utilizzarli per la spazzatura. Il loro divieto porterà ad usare i comuni sacchi neri venduti nei supermercati o distribuiti dai comuni che sono realizzati con sostanze biodegradabili, come il mater à�€“ b, di invenzione italiana, ma sono più fragili e si rompono con facilità, soprattutto se esposti alla pioggia.
Naturalmente si fanno sentire anche le voci dei produttori di sacchetti di plastica, comparto che dà lavoro a migliaia di lavoratori e che si vedrebbe costretto a riconvertire la produzione per adeguarsi ai nuovi materiali, con ingenti investimenti da stanziare, e che è già sul piede di guerra in sede europea basandosi su una norma francese simile ritirata dal Governo d'Oltralpe.Seguiremo l'evolvere degli eventi.
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