Negli scorsi giorni è stato presentato un emendamento alla Finanziaria 2010 che prevede, tra l'altro, l'abrogazione del dettato del cosiddetto Cip n. 6/92, un provvedimento del Comitato Interministeriale Prezzi che riguarda la produzione di energia da fonti assimilabili a quelle rinnovabili, e una serie di altre disposizioni, e che avrebbe come conseguenza un drastico taglio degli incentivi elargiti per la produzione di energia da fonti rinnovabili.
Si tratta di un emendamento di fonte ministeriale non ancora ufficialmente presentato, ma noto agli addetti ai lavori, tanto che se ne sta già ampiamente occupando la stampa.
Tale notizia ha suscitato inquietudine sia tra le associazioni delle aziende del settore che tra quelle ambientaliste che hanno pertanto presentato un documento congiunto per chiederne il ritiro.
In particolare ciò che preoccupa sono le disposizioni in materia di Certificati Verdi e della rete di trasmissione dell'energia elettrica.
L'emendamento prevede innanzitutto una rimodulazione in forte riduzione dei coefficienti di incentivazione delle fonti rinnovabili, in violazione a quanto disposto dalle direttive Cee che obbligano i gestori delle reti a garantire la priorità di dispacciamento alle fonti rinnovabili e a risolvere anticipatamente le problematiche tecniche connesse al collegamento tra le fonti rinnovabili e il sistema elettrico nazionale.
Inoltre è prevista una drastica riduzione del prezzo di riferimento del Certificato Verde, che passerebbe dal prezzo di mercato di 85 €/MWh a 40 €/MWh.
Infine, anziché impegnare Terna a realizzare i previsti piani di potenziamento, le si conferisce l'insindacabile potere di stabilire la massima quantità di energia da fonte rinnovabile non programmata che può essere prodotta ed erogata.
Le associazioni che hanno firmato il documento, Anev, Aper, Federpern, Fiper, Greenpeace Italia, Ises Italia, Itabia, Kyoto Club e Legambiente, fanno notare che l'approvazione dell'emendamento metterebbe a rischio un settore che in Italia è in forte sviluppo, oltretutto in controtendenza rispetto alla crisi economica, e foriero di numerosi posti di lavoro.
Il cambiamento per l'ennesima volta delle regole del gioco in corsa, provocherebbe una forte turbativa del mercato che genererebbe questi dannosi effetti economici.
Inoltre si metterebbe a rischio il raggiungimento degli obiettivi comunitari previsti per il 2020, con il traguardo del 17% di consumi finali coperti da fonti rinnovabili, e con la conseguenza di dover pagare pesanti penali in sede europea.