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Chi paga il compenso del CTU?

Quando due o più parti vanno in causa se il giudice dispone una consulenza tecnica d'ufficio per la valutazione delle prove, chi deve pagare il compenso del ctu?
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Consulenza tecnica d'ufficio


CompensoIl consulente tecnico d'ufficio, anche conosciuto come C.T.U., è un ruolo di ausiliario del giudice chiamato a risolvere una controversia.

La sua funzione è chiaramente espressa dall'art. 61, primo comma, codice di procedura civile, che recita:

Quando è necessario, il giudice può farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o più consulenti di particolare competenza tecnica.

Si pensi all'esempio classico della causa per infiltrazioni: il giudice può non avere le competenze tecniche necessarie per comprendere le cause del danno lamentato. La consulenza tecnica d'ufficio serve, per l'appunto, quale ausilio al giudice nella valutazione dei fatti che andranno ad essere decisi.

Si badi: le parti non possono contare solamente sulla consulenza tecnica d'ufficio per provare i fatti oggetto del processo.

Chi agisce in giudizio deve sempre fornire prova di quanto dedotto, essendo la CTU uno strumento per lo più valutativo di tali fatti.

Compenso CTUUsiamo la locuzione per lo più, in quanto come affermato dalla Corte di Cassazione la consulenza tecnica d'ufficio, anche se non costituisce, in linea di massima, mezzo di prova, ma strumento per la valutazione della prova acquisita, tuttavia rappresenta una fonte oggettiva di prova quando si risolve nell'accertamento di fatti rilevabili unicamente con l'ausilio di specifiche cognizioni o strumentazioni tecniche (Cass. n. 6585/2001, in motivazione: 15630/2000; 10916/2000: v. anche Cass. n. 1020/2006 e n. 1149/2011) (Cass. 5 febbraio 2013, n. 2663).

Ricapitolando e tenendo a mente l'esempio del danno da infiltrazioni: trattandosi di danno da cose in custodia l'attore che agisce in giudizio deve provare l'ammontare del danno e la sua causa, mentre al convenuto spetta di dimostrare o che il danno non proviene dal suo bene o che è avvenuto per un caso fortuito.

Il giudice in cause come quella usata ad esempio, nel 99% dei casi nomina un CTU, il quale ha il compito di aiutarlo nella valutazione delle prove rispondendo a determinati quesiti.

Solo se la CTU contiene accertamenti di fatti non altrimenti verificabili è possibile assumerla come fonte di prova, altrimenti essa dovrà essere considerata un semplice strumento di valutazione delle prove fornite dalle parti.


Compenso per l'attività del CTU


Il giudice, chiaramente, in seguito del deposito in cancelleria della consulenza tecnica d'ufficio, provvede a liquidare il compenso per l'opera svolta dal consulente tecnico.

Solitamente i decreti di liquidazione del compenso vengono emessi in corso di causa, sovente in un momento mediamente lontano dalla sua conclusione; come dire, fino a quel momento la spesa per la CTU è utile ad entrambe le parti che fino alla conclusione della causa devono essere considerate sullo stesso piano.

In questo contesto è utile capire, se il decreto non dispone nulla in merito, a chi spetta pagare il compenso del consulente.

Il Giudice di Pace di Napoli, che è tornato sull'argomento con una sentenza del gennaio 2014, riallacciandosi a dei precedenti della Suprema Corte di Cassazione, ha affermato che la prestazione del consulente tecnico d'ufficio è effettuata in funzione di un interesse comune delle parti del giudizio nel quale è resa; la consulenza tecnica d'ufficio, fornendo un ausilio al giudice, costituisce - piuttosto che un mezzo di prova — un atto necessario del processo, che è compiuto nell'interesse generale della giustizia (Cass, n. 28299/2009; n. 23586/2008).

L'obbligazione relativa al pagamento di quanto dovuto al consulente tecnico, fatto salvo il diritto di rivalsa, grava, in solido, su tutte le parti del processo, indipendentemente da quanto stabilito in merito alla ripartizione delle spese processuali tra le parti, che è regolata dal principio della soccombenza, che non trova applicazione nei confronti dell'ausiliario del giudice (Cass. n. 6199/1996; n. 1022/1994; n. 573/1973)
(GdP Napoli 31 gennaio 2014).

Come dire: a meno che al termine del giudizio la sentenza non ponga in carico ad una delle parti l'onere di pagare il CTU, con conseguente rivalsa da parte delle altre che eventualmente lo hanno pagato, le parti del processo sono obbligate in solido per l'intero (ed in pari misura nei rapporti interni) al pagamento del compenso dovuto al consulente tecnico d'ufficio.

Se la parte che corrisponde il compenso al CTU è un sostituto d'imposta al più volte richiamato compenso dev'essere applicata la ritenuta d'acconto, nella misura di legge con obbligo di versamento della stessa entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui è stata effettuata.

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